DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ…
Tommaso Labate per "Corriere della Sera"
matteo renzi e berlusconi 0aa87941
«Sono giorni che mi dite che il Pd vuole tornare a dialogare con noi. L' hanno capito pure loro che non hanno i voti al Senato per le riforme, eh? Bene, ho la risposta che dovete dargli. Fate pure sapere a Renzi che sono disposto a tornare al tavolo con lui. Ma a una condizione. Deve discutere con noi sulla riforma della giustizia».
BERLUSCONI VS RENZI BY GIANNELLI
Non il Senato elettivo o semi-elettivo, non gli interventi sull' Italicum e nemmeno una collaborazione sul taglio delle tasse. Nulla di tutto questo. Per sedersi al tavolo con Matteo Renzi, e «in un contesto che non potrà mai essere simile alle cose che abbiamo dovuto ingoiare col patto del Nazareno», Silvio Berlusconi vuole una cosa sola. La giustizia. O, per essere più precisi, che il governo imbastisca insieme ai forzisti un «tavolo» sulla riforma della giustizia.
Il messaggio parte da Palazzo Grazioli e arriva a destinazione, cioè a Palazzo Chigi, la settimana scorsa. È mercoledì 5 agosto, ora di pranzo. Fedele Confalonieri ha appena finito di parlare al telefono con Renzi. Una telefonata importante, visto che da quello scambio di battute viene fuori l' accordo per l' elezione di Monica Maggioni ai vertici della Rai. Berlusconi, che per la trattativa sui vertici di Viale Mazzini ha lasciato campo libero ai suoi ambasciatori, ascolta le parole del suo capo-azienda, che è anche l' amico di una vita.
«Visto che con Renzi si può ancora discutere?», è l' argomentazione del presidente di Mediaset. Neanche un' ora dopo, l' ex premier prepara il rilancio. «Fate sapere a Renzi che sono pronto a discutere con lui e ad aiutarlo sulle riforme. Ma prima lui deve "aprire" a un dialogo con noi sulla giustizia». Condizione imprescindibile.
O la giustizia o niente. Prendere o lasciare. Neanche un giorno dopo, e siamo a giovedì scorso, sul tavolo di Berlusconi si materializza una serie di vecchie proposte di Forza Italia in materia di giustizia. I faldoni si assottigliano fino a diventare una specie di programma in quattro punti. Primo, una stretta sulle intercettazioni telefoniche, sugli ambiti del loro utilizzo nelle indagini e sulla possibilità che vengano pubblicate.
Secondo, una revisione del ricorso alla carcerazione preventiva, che secondo i desiderata berlusconiani dovrebbe essere limitata a una serie di reati particolarmente gravi. Terzo, la separazione delle carriere dei magistrati, altro antico cavallo di battaglia dell' ex premier, con l' istituzione di due diversi Consigli superiori della magistratura (uno per chi indaga, l' altro per chi giudica). Quarto, un cambio radicale sui meccanismi di formazione dei collegi giudicanti.
La base di dialogo sulla giustizia, preparata da Forza Italia, viene inviata a un ristrettissimo gruppo di persone. E, tra gli azzurri, viene anche indicato un mediatore. È Paolo Romani, capogruppo in Senato, i cui modi (e anche toni) sono da sempre apprezzati anche dal fronte pd.
Non ha solo innate doti da «moderato», Romani. Ha anche altre due «caratteristiche». La prima è che, insieme a Gianni Letta e a Fedele Confalonieri, il presidente dei senatori azzurri è da sempre un sostenitore dell' ala morbida nei confronti del governo. La seconda, ed è un dettaglio di poco conto, è che Romani sta trascorrendo le sue vacanze a Forte dei Marmi, in Versilia. E quindi ha la possibilità di incontrare Renzi e il gotha del renzismo (leggasi, Luca Lotti e Maria Elena Boschi) senza macinare troppi chilometri e senza dare nell' occhio.
SILVIO BERLUSCONI CAMERA MAGISTRATI
La trattativa Renzi-Berlusconi sulla giustizia è davvero possibile? Tra gli elementi di difficoltà, oltre quelli «politici» (che però sono tutti in capo al Pd), c' è anche la resistenza dell' ala dura di Forza Italia (da Giovanni Toti a Daniela Santanché, passando per Debora Bergamini), che si oppone a qualsiasi dialogo col governo. Se qualcosa succede, mormorano tra i berlusconiani, «succede ad agosto». Berlusconi aspetta dalla Sardegna un segnale dal governo. Ed è convinto, come mai lo era stato prima, che Renzi - senza il soccorso forzista - non arriverà al 2018. Per questo ha messo in gioco una posta alta. Molto alta.
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