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STRETTA DI MANO TRA TRAVAGLIO E BERLUSCONI jpeg
Marco Travaglio per il “Fatto Quotidiano”
All'alba degli 80 anni, Silvio B. è diventato antifascista. Ieri, non sapendo più come convincere i suoi a votare il bollito Bertolaso, ha sganciato l' arma fine-del-mondo, quella che la sinistra sganciava negli anni 70 per scomunicare chi non la pensava come lei. Ha detto, cioè, che "i leghisti romani sono tutti ex fascisti". I "leghisti romani", naturalmente, sono i seguaci della Meloni, visto che Salvini nella Capitale lo conosce solo la Isoardi.
Per carità, la conversione all'antifascismo del fu leader del peggior centrodestra d'Europa è sempre una buona notizia. O meglio, lo sarebbe se non fosse inficiata dal vago sospetto dei soliti interessi di bottega. Ventitrè anni fa (primavera 1993), B. aveva un piede in galera e l'altro in bancarotta, così decise di "scendere in campo".
Ma lo comunicò solo il 23 novembre, nel suo supermercato di Casalecchio di Reno. E proprio con una dichiarazione sulle elezioni comunali di Roma: "Tra Fini e Rutelli, voterei Fini". Gianfranco Fini, figlio di un volontario a Salò e della figlia di un marciatore su Roma, era ancora un bel fascistone: il delfino di Almirante alla guida del Msi, che avrebbe sciolto in Alleanza nazionale diluito nell' acqua di Fiuggi solo nel 1995.
nazirock1 berlusconi fini a mussolini
Infatti, il 26 novembre '93, nel primo incontro con la stampa estera, l'allora Cavaliere si sentì domandare se non fosse in imbarazzo a sostenere un fascista. E perse le staffe, urlando tre volte "vergogna!" agli esterrefatti corrispondenti dei giornali stranieri (ma anche italiani) che strumentalizzavano la sua frase su Fini, frutto "della mia ingenuità di imprenditore".
"Fini è una brava persona, di buon senso, nata nel 1952. Vergogna! Scrivete menzogne, mi disegnate col fez e mi chiamate Cavaliere Nero. Vergogna! Mio padre è stato in esilio per due anni. La mia famiglia ha avuto guai sotto il fascismo. Ma oggi quella è un'ideologia sepolta nel passato. Citatemi un solo atto nella mia storia di imprenditore che possa testimoniare la mia tenerezza verso quell' ideologia! Vergogna, siete in malafede!".
Purtroppo il suo neoalleato Bossi non la pensava così: "Mai alleanze con la porcilaia fascista di Fini". Così B. s' inventò un' alleanza a geometrie variabili: Forza Italia e Lega al Nord, Forza Italia e An al Sud. Poi tutti al governo. Appena il tempo di leggere la lista dei ministri, e già il premier estraneo alla tremenda ideologia - peraltro desaparecido il 25 aprile - dichiara al Washington Post: "In una certa fase Mussolini è stato un grande statista. Per un certo periodo fece cose positive".
Berlusconi Mussolini Nonleggerlo
Scandalo negli Usa e in Europa, dove mai un premier aveva riabilitato il Duce. In Italia molto meno: povero Silvio, è fatto così, ingenuo, spontaneo, politically uncorrect. Passano gli anni e l'ometto che ogni giorno che Dio manda in terra trova il modo di finire su Tg e giornali continua a eclissarsi ogni 25 aprile. Almeno fino al 2009, quando sale sul palco di Onna, nell'Abruzzo terremotato, col fazzoletto rosso da partigiano al collo, usando le macerie come red carpet tra gli applausi della sinistra più idiota del mondo che esulta per lo statista conquistato alla Causa.
PINO RAUTI E GIANFRANCO FINI jpeg
Lui in compenso usa l'arma del fascismo per attaccare gli avversari veri e presunti: "Il governo Prodi mi ricorda quello di Mussolini", "D'Alema è come il Duce", con una certa ingratitudine per chi gli ha lasciato tutte le tv, non ha colpito il conflitto d'interessi e ha pure consentito a Mediaset di quotarsi in Borsa con miriadi di processi e bilanci farlocchi imbottiti di fondi neri.
Nel frattempo Silvio dalle Bande Nere candida fasci dichiarati come Rauti ("è ormai acquisito alla causa moderata"), Cito e la Mussolini (ma solo perché "è una bella ragazza…buttala via!"), si allea con partitucoli neofasci e neonazi, e quando ai suoi comizi partono i saluti romani si gira dall' altra parte.
In una memorabile intervista del 2003 a un altro giornale Usa, The Spectator, dichiara: "Mussolini non ha mai ucciso nessuno: gli oppositori li mandava in vacanza al confino". Poi sfodera un alibi di ferro: lo stato di ubriachezza ("Coi giornalisti eravamo alla seconda bottiglia di champagne"). Ma gli interessati lo smentiscono ("Abbiamo bevuto solo thè freddo al limone"). Allora si scusa esibendo un certificato di sano e robusto antifascismo: "Anche un mio familiare è stato manganellato dai fascisti. Poi lo colpirono i reumatismi quando dormiva sotto i ponti ai Navigli".
Ah beh allora. E riesuma la storia del padre "antifascista in Svizzera" ("Sì, nel caveau di una banca", replica Paolo Rossi). Poco dopo, Silvio dalle Bande a Strisce torna a brandire il fascio littorio: "Il fascismo era stato meno odioso di chi usa la violenza in nome della giustizia. Se in Italia la libertà avesse prevalso, i nomi dei Di Pietro, Borrelli, Davigo, Colombo e Boccassini sarebbero per sempre stati signati nigro lapillo come figure da ricordare con orrore". É più forte di lui: quando lo toccano nel portafogli, grida subito al fascismo e gli parte il braccio retrattile, come al Dottor Stranamore. In fondo, è un sentimentale.
ANTONIO DI PIETRO SAVERIO BORRELLI GERARDO DAMBROSIO
Infatti, quando Fini si mette di traverso, lui copia una battuta di Luttazzi: "Fini ha avuto un nonno morto ad Auschwitz: è caduto dalla torretta di guardia". E, in pieno Nazareno, propone all' amico Renzi una joint venture "per non consegnare l' Italia a Grillo, che è come Hitler".
Ora che a Roma svende il centrodestra a Matteo in cambio dei soliti affari di Mediaset, scopre che chi vuol vincere le elezioni è fascista. Peccato che la Meloni sia nata nel 1977 e sua madre nel 1953 (un anno dopo Fini). Se avanzo uccidetemi, se indietreggio pagatemi, se mi pagano arrendetevi.
BORRELLI E DI PIETRO mani resize
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