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1 - ECCO LA PROVA È STATO TREMONTI A DARE IL COLPO DI GRAZIA AL CAV Adalberto Signore per "il Giornale"
Era la mattina del 3 novembre quando Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti erano seduti uno davanti all'altro nell'aereo che li portava a Cannes per un G20 delicato e per molti versi drammatico visto che tra i temi in agenda c'era proprio la crisi italiana. Motivo per cui il Cavaliere avrebbe voluto presentarsi al summit con in mano un decreto che recepisse la lettera di intenti inviata a Bruxelles dal governo italiano solo una settimana prima. Un segnale, ripeteva Berlusconi in quei giorni, importante rispetto ai nostri partner internazionale e ai mercati.
Quel decreto, la storia è nota, non arrivò mai. E a Cannes il Cavaliere si presentò a mani vuote. La ragione è nota, almeno agli addetti ai lavori, visto che il tam tam dentro al governo e al Pdl metteva sul banco degli imputati proprio il ministro dell'Economia. Da oggi, però, quello che fino a ieri era un semplice retroscena giornalistico diventa un fatto certo e comprovato.
Con tanto di sigillo di Pasquale Cascella, consigliere per la comunicazione del presidente della Repubblica. È lui a raccontare che poche ore prima del Consiglio dei ministri che il 2 novembre avrebbe dovuto approvare il decreto fu proprio Tremonti a mettersi di traverso. Si presentò al Quirinale e a Giorgio Napolitano disse di essere assolutamente contrario al decreto.
«Il ministro - racconta Cascella - si era "detto convinto" si dovessero "definire solo le misure più urgenti tra quelle indicate" e lo si dovesse fare " nella forma della presentazione di emendamenti alla legge di Stabilità " in quel momento all'esame del Senato».
E così, invece di presentarsi al G20 di Cannes con in mano un decreto legge che sarebbe entrato subito in vigore e avrebbe rappresentato un segnale forte per l'Ue e i mercati, Berlusconi arrivò al summit con un semplice maxi-emendamento alla legge di Stabilità , cioè nulla di preciso e di definitivo visto che un testo del genere viene modificato e ritoccato più volte durante i passaggi in Parlamento. Il segnale, insomma, fu debolissimo.
E il Cavaliere ne era ben consapevole tanto che nei giorni del braccio di ferro con Tremonti che precedettero il Consiglio dei ministri i toni superarono più volte i livelli di guardia. Con un faccia a faccia nel quale il titolare dell'Economia arrivò a chiedere al premier di «fare un passo indietro perché per l'Europa e i mercati il problema sei tu». Eloquente la risposta di Berlusconi: «La colpa è tua visto che sono tre anni che vai a sputtanarmi in giro per il mondo».
Gli ultimi scambi di uno scontro che andava avanti da mesi e che già una settimana prima di quel 2 novembre era stato durissimo. Alla stesura della lettera d'intenti da portare a Bruxelles, infatti, Tremonti si guardò bene di partecipare e solo a tarda sera fu convocato a Palazzo Grazioli perché il Cavaliere pretendeva un suo via libera. Altrimenti, fu lo sfogo dell'allora premier, «domani al Consiglio europeo ci mando Giulio così finalmente si assume qualche responsabilità ».
Al di là dei retroscena e delle ricostruzioni giornalistiche, dunque, a confermare che fu proprio Tremonti a stoppare il decreto è oggi il Quirinale. Fonte, vogliamo immaginare, piuttosto attendibile. Napolitano, insomma, non fece altro che «prendere atto» (parole di Cascella) delle «riserve presenti all'interno della compagine governativa».
Che poi erano quelle del solo Tremonti visto che tutti il resto del governo, nessuno escluso, spingeva per il decreto. Come è finita è storia nota. Con Sarkozy che proprio a Cannes spinse per un ve¬ro e proprio «commissariamento» dell'Italia e l'Fmi che decide di «monitorare» i conti italiani. Dieci giorni dopo e con lo spread alle stelle- il 12 novembre- Berlusconi salirà al Colle per dimettersi.
2 - «COSÌ GIULIO HA CONVINTO NAPOLITANO»
Pubblichiamo la lettera integrale inviata alla redazione del Giornale da Pasquale Cascella, consigliere del presidente della Repubblica. Nella lettera si sottolinea come fu proprio l'ex ministro Tremonti - nel novembre scorso - a chiedere al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di manifestare la propria indisponibilità a firmare il decreto anti-crisi che il Consiglio dei ministri si preparava a emanare.
Pasquale Cascella*
*consigliere del presidente della Repubblica per la stampa e la comunicazione
Gentile direttore, con riferimento all'articolo dell'on. Renato Brunetta, dal titolo «Toh, i tre decreti Monti li aveva già fatti il governo del Cavaliere», si rileva che i fatti ivi narrati non corrispondono alla effettiva dinamica delle relazioni tra il Presidente della Repubblica e il governo allora presieduto dall'on. Berlusconi.
In particolare, l'affermazione secondo la quale un «decreto Romano-Brunetta-Calderoli non fu approvato nel Consiglio dei ministri del 2 novembre 2011 perché il Quirinale aveva informalmente manifestato la propria indisponibilità a emanarlo, considerandolo privo dei requisiti di necessità e urgenza e di omogeneità richiesti» non tiene conto di circostanze assai rilevanti per l'esatta ricostruzione dell'accaduto.
Quel giorno, infatti, il capo dello Stato ricevette il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, prima della riunione del Consiglio dei ministri. Ed esplicito fu il richiamo alle posizioni espresse proprio dal titolare della politica economica nella lettera che il presidente della Repubblica scrisse al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta.
Vi si riferiva che il ministro si era «detto convinto» si dovessero «definire solo le misure più urgenti tra quelle indicate», e lo si dovesse fare «nella forma - più praticabile anche dal punto di vista parlamentare e meno in generatrice di tensioni politiche ¬ della presentazione di emendamenti alla legge di stabilità » in quel momento all'esame del Senato.
Il presidente della Repubblica ritenne di esprimersi a favore della soluzione indicata dal ministro per evitare l'adozione di «un coacervo di norme anche estranee» alla lettera di intenti ed obbiettivi inviata a Bruxelles dal Presidente del Consiglio il 26 ottobre, che avrebbe potuto «suscitare nuova confusione nell'opinione pubblica e nei mercati».
Dunque, nessuna «valutazione discrezionale» opposta ad altre più recenti, come sostiene l'ex ministro Brunetta, ma solo la presa d'atto di riserve motivate presenti all'interno della stessa compagine governativa e la ricerca di un veicolo normativo che consentisse di addivenire rapidamente all'approvazione delle misure più urgenti evitando più aspre tensioni fra le forze politiche.
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