“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Tommaso Ciriaco per la Repubblica - Estratti
Succede attorno alle 13.30, secondo la ricostruzione del cerchio magico meloniano. L’ufficiale di polizia giudiziaria della procura di Roma varca il portone di Palazzo Chigi per recapitare l’avviso a Giorgia Meloni. In quel momento la premier non c’è. Bastano però pochissimi minuti perché il lampo diventi tuono. I plichi consegnati nella sede dell’esecutivo sono due: anche Alfredo Mantovano conosce il suo destino di indagato. Contatta subito la presidente del Consiglio: c’è una lettera sulla sua scrivania. Non è difficile immaginare di cosa si tratti.
(…)
Attorno alle 12.40, Meloni lascia il Colle. La incrociano alcuni cronisti. Fa capire di non avere voglia di parlare e concede solo due brevi battute sulla Shoah. Sulla carta, ancora non sa dell’indagine. Pranza fuori da Palazzo Chigi. Mantovano, intanto, è rientrato. Tocca a lui, dunque, riceve la notizia dell’indagine che lo riguarda e contattare la leader, che fa rientro a palazzo poco dopo. Nel suo ufficio, prende visione dell’atto.
La tensione è evidente. Nel frattempo, attorno alle 14.30, anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio riceve l’avviso e si chiude in ufficio con i suoi collaboratori. Anche al Csm la notizia inizia a circolare. L’agitazione è massima. Meloni, intanto, riunisce d’urgenza lo staff. È un gabinetto di guerra.
A premere per lo scontro è Giovanbattista Fazzolari. Al termine, la leader comunica come intende reagire: attaccando. In pochi minuti viene abbozzato un testo. È il copione da recitare per un video che finirà prima sui social e poi su tutti i tg. La tesi, riferiscono dal cerchio magico, è questa: «Respingere l’attacco della magistratura, ribaltarne gli effetti». Tradotto: la presidente del Consiglio è convinta che convenga mostrarsi «vittima» di decisioni politicizzate per poter cavalcare lo scontro. E lucrare consensi.
GIORGIA MELONI - VIGNETTA BY ROLLI IL GIORNALONE - LA STAMPA
Il messaggio è un avvertimento chiarissimo alle toghe. La tesi è che esistano alcune «correnti politicizzate» che non accettano la separazione delle carriere e reagiscono provando ad «abbattere il governo». Ribaltare quanto accaduto, allora, diventa anche un modo per mobilitare gli elettori — con slogan che ricordano quelli del berlusconismo — in vista del referendum costituzionale sulla riforma della giustizia.
Il bersaglio numero uno è Francesco Lo Voi. A lui, la premier imputa anche il fatto che la Procura di Roma da lui guidata abbia inserito nel fascicolo a disposizione dei quattro giornalisti indagati del Domani la notizia degli accertamenti dell’Aisi sul suo capo di gabinetto, Gaetano Caputi. Una circostanza riservata che, secondo fonti dell’esecutivo e dell’intelligence, doveva restare fuori dagli atti. Sarà dunque battaglia con i giudici. E se mai gli attacchi dovessero intensificarsi, non va esclusa neanche la reazione più drastica: un “grande reset” elettorale. Una minaccia ciclica, certo. Ma evocarla è già un segnale.
francesco lo voi avviso di garanzia con saluto alla premier meloni
MELONI
Monica Guerzoni per il Corriere della Sera - Estratti
(...) Di nuovo la premier si sente vittima di minacce. E il bersaglio del «non sono ricattabile» è quella parte della magistratura che lei ritiene «politicizzata, ideologica» e pronta a tutto nel tentativo di «mandarmi a casa non grazie ai voti dei cittadini, ma con una scorciatoia giudiziaria». «Toghe rosse», denunciano tra Palazzo Chigi, via della Scrofa e il gruppone parlamentare di FdI, dove il video-bomba sganciato dalla premier ha messo in moto una ola di solidarietà e orgogliose rivendicazioni.
La leader è dipinta come «molto amareggiata», oltre che irata, per la comunicazione che i carabinieri le hanno recapitato alle due del pomeriggio e che nel suo staff, dal sottosegretario Fazzolari in giù, non ritengono affatto un atto dovuto. Per lei è stata la goccia in un bicchiere stracolmo, dopo la protesta dei magistrati e l’indagine della Procura di Roma sul presunto complotto ai danni di Gaetano Caputi, capo di Gabinetto di Palazzo Chigi, rivelato dal Domani. Un caso che, da quel che trapela, dovrebbe produrre una denuncia della Presidenza contro la Procura per violazione di segreto.
A Palazzo Chigi sono convinti che la carta bollata che Meloni ha impropriamente chiamato avviso di garanzia sia «una ritorsione» contro la riforma della giustizia. Sulla separazione delle carriere il governo andrà avanti più convinto di prima, a dispetto della rivolta dei magistrati.
Tra i meloniani l’atto della Procura di Roma è visto anche come un assist insperato, che ricompatta una maggioranza in affanno per il caso Almasri e relega in secondo piano l’imbarazzo per le traversie giudiziarie della ministra Santanchè. Ma per la leader, la priorità è un’altra. È respingere quello che, nelle stanze con vista su Piazza Colonna, ritengono «un attacco al cuore della democrazia».
(...)
Temi cruciali, di cui Meloni non avrebbe però parlato con il presidente Sergio Mattarella. Tornata nel suo ufficio dopo la cerimonia al Quirinale, la premier ha liquidato il Cdm e si è chiusa con i colleghi indagati, Nordio, Piantedosi e Mantovano, per concertare la strategia e impostare le memorie difensive. Il sottosegretario ha inserito l’atto come foto sul suo profilo WhatsApp, scelta che indica il livello del dispiacere (e dell’arrabbiatura) per quella che, ai piani alti del governo, è vista come «una provocazione», destinata a cadere in Parlamento.
Non senza malizia, fonti di governo ricordano che il procuratore Francesco Lo Voi, cui si deve l’avviso di garanzia, ha fatto ricorso al Consiglio di Stato perché Mantovano gli avrebbe tolto l’aereo dei servizi con cui, per motivi di sicurezza, volava da Roma a Palermo e ritorno.
Se la premier ha brandito come un’arma in favor di social media il foglio vergato con «distinti ossequi» da Lo Voi, è perché sente che gli italiani sono con lei dal lato garantista della barricata.
giorgia meloni conferenza stampa 1
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