DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1. UN ALTRO CARDINALE DI PERUGIA DIVENNE PAPA
Gian Guido Vecchi per il Corriere della Sera
Papa Francesco ha scelto il cardinale Gualtiero Bassetti come nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana. È stato il cardinale Angelo Bagnasco, che lascia dopo dieci anni al termine del secondo mandato, ad annunciarlo ai vescovi italiani al termine della messa celebrata nella Basilica di San Pietro. L’arcivescovo di Perugia era stato il primo e il più votato dall’assemblea generale dei vescovi, che ha indicato al pontefice tre nomi. Da tempo in Vaticano si diceva che, se Bassetti fosse stato nella terna, il Papa avrebbe scelto lui.
Bassetti si è formato nella Firenze di Della Costa, La Pira e Don Milani. Francesco gli ha dato la porpora a sorpresa (l’ultimo cardinale di Perugia cardinale era stato nel 1853 Vincenzo Gioacchino Pecci, poi Papa Leone XIII) e ne ha grande stima, l’anno scorso gli affidò le meditazioni della Via Crucis al Colosseo. Di recente ha compiuto 75 anni, l’età della pensione per i vescovi, e il Papa lo ha prorogato senza scadenze.
Gli altri due candidati indicati dai vescovi nella loro terna erano quelli del cardinale di Agrigento Francesco Montenegro (126 preferenze, alla terza votazione) e del vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla (115, alla seconda).
Il 24 aprile il Vaticano ha annunciato per il 20 giugno il viaggio di Francesco a Bozzolo (provincia di Mantova, diocesi di Cremona) e a Barbiana (Firenze) per pregare sulle tombe di don Primo Mazzolari e di don Lorenzo Milani. Una scelta indicativa della Chiesa italiana che desidera Francesco. Il giorno prima, domenica 23 aprile, Francesco aveva mandato a Bozzolo proprio il cardinale Bassetti, suo «inviato» per celebrare una messa e posare sulla tomba di don Mazzolari, a suo nome, una rosa d’argento.
Nato a Marradi come Dino Campana, nella «povertà estrema» del dopoguerra («siamo sopravvissuti perché abbiamo condiviso quel poco che avevamo»), è un pastore con l’«odore delle pecore», la Chiesa aperta che vuole il Papa: «Essere cristiani senza gioia non è possibile. Ma vivere da cristiani senza carità è una sciagura».
Raccontava così la sua prima esperienza da vescovo, nel ’94, a Massa Marittima: «La sera i minatori venivano a sedersi sulle gradinate del duomo. Era una vita che andavano là. E tutti, al duomo, avevano solo voltato le spalle. Mi dicevano: con quelli non parlerai mai. Uscii, mi sedetti. Calò il silenzio. “Ma lei è il nuovo vescovo?”. “Sì”. Mi feci spiegare la città. Uno si voltò: noi era vent’anni che non s’era visto un vescovo. Ricordavano monsignor Ablondi perché era sceso nella miniera di Miccioleta a bere con loro un fiasco di vino. Quel giorno capii che cosa significa essere un pastore».
2. QUEI FUSTI ESPLOSIVI E L’ALLUVIONE DI FIRENZE
Gian Guido Vecchi per il Corriere della Sera
«Il poliziotto che ci interrogava, l’anno dopo, si è messo a ridere: dicono siate stati degli eroi, e invece siete incoscienti!». Cinquant’anni più tardi anche il cardinale Gualtiero Bassetti si fa una risata, «l’incoscienza della gioventù, davvero, certe cose le fai per istinto…».
Francesco gli ha dato a sorpresa la porpora nel 2014 - l’ultimo arcivescovo di Perugia divenuto cardinale era stato nel 1853 Vincenzo Gioacchino Pecci, poi Papa Leone XIII -, poi gli ha affidato i testi della Via Crucis al Colosseo, e ora lo ha scelto come presidente della Conferenza episcopale italiana.
Ma allora quel giovanotto di Marradi, il paese di Dino Campana, era appena uscito dal seminario e faceva il viceparroco nell’antica abbazia vallombrosana di San Michele a San Salvi: una meraviglia che poteva saltare in aria come la piazza e chi stava da quelle parti se «il curatino» ed alcuni ragazzi non avessero agito, senza pensare che potevano saltare in aria pure loro. «Vede, quand’ero bambino, nel dopoguerra, in campagna non avevamo elettricità, si usavano le lampade all’acetilene. Ricordavo la luce fluorescente del carburo a contatto con l’acqua. L’odore del gas esplosivo».
Gualtiero Bassetti, presidente Cei
Già, l’odore. Il cardinale racconta quell’episodio dimenticato per decenni. Poco prima delle otto, il giovane don Gualtiero era andato ad aprire la chiesa per la messa. «Erano tre giorni che pioveva senza smettere, mai visto piovere con tanta intensità. Il 4 novembre era festa, fossero state aperte le scuole sarebbe stata un’ecatombe. In piazza c’era una trentina di centimetri d’acqua. Sono saltati i tombini, mi dicevo, nessuno a quell’ora pensava all’Arno. E ho sentito quell’odore acre: l’acetilene. Del carburo, da qualche parte. Con tutta quell’acqua».
L’odore veniva da un angolo della piazza. «C’era un fondo, chiuso da una saracinesca. Si sentiva un rumore, come qualcosa che friggesse». Sessanta bidoni di carburo stipati illegalmente, stabilì l’inchiesta. Poco distante, in via Scipione Ammirato, saltò in aria un altro deposito illegale di carburo: un anziano al secondo piano morì carbonizzato.
A San Salvi, invece, il giovane prete si guardava intorno. «Chiamai quattro o cinque ragazzi che stavano in piazza: venite a darmi una mano. Io avevo ventiquattro anni, loro sedici o diciassette. Andai a prendere una mazza di ferro, quella per spaccare le pietre, e cominciai a menare colpi pazzeschi contro la saracinesca finché cedette. Dentro erano ammassati quei fusti da una ventina di chili. L’acqua saliva. Bastava sbattessero uno contro l’altro, una scintilla. Facemmo una catena e cominciammo a gettarli uno ad uno nella corrente, via Tito Speri è in discesa, mi dicevo, se un fusto salta all’aperto non succede nulla. Ricordo che andavano a sbattere contro il muro in fondo alla strada e liberavano fiammate di decine di metri, una cosa incredibile…. Quando finimmo dissi loro: andate a casa. Ma uno dei ragazzi si diede una manata sulla fronte: “Nonna Rosa!”».
Il cardinale sorride: «La andammo a prendere lui ed io. Stava su una sedia che era riuscita a sistemare sopra il tavolo, nella casa allagata. Diceva: “Curatino, fatemi morire, non rischiate per me!”. E quel ragazzone, di rimando: “Nonna Rosa, state zitta se no vi do un cazzotto in testa che vi tramortisco!”».
Salvata la nonna, tornò di corsa in chiesa. «Dobbiamo togliere il Santissimo, mi disse il parroco. In quel momento un’ondata spalancò le porte e trascinò le panche lungo le navate, facemmo appena in tempo ad andare al tabernacolo e poi salire su una scala a chiocciola dietro l’altare. Era crollato il muro dell’ospedale psichiatrico lì vicino, che aveva fatto da diga. Poco prima stavamo ancora in piazza coi fusti…».
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