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FLASH! - RUMORS ALLA FIAMMA (GIALLA): IL COMANDANTE GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, ANDREA DE…
Tommaso Ciriaco per La Repubblica
Doveva essere la notte perfetta, l'ultimo comizio di una campagna elettorale promettente. E invece per Oscar Giannino è finita nel modo più triste e imprevisto, giù dal palco ad applaudire chi l'ha sostituito. Sotto una pioggia sottile e in una piazza Santi Apostoli semivuota, il giornalista inciampato su un curriculum taroccato quasi scompare nel cappotto verde, insolitamente sobrio: «La croce la porto io». Gli occhi sono lucidi e mentre parla fuma il toscano e accarezza un anello con un teschio disegnato da brillanti. «Finti», giura. In piazza ci sono tante bandiere, ma non più di centocinquanta persone.
Ripercorre i giorni dello scandalo, il master inventato che ha fatto lo sgambetto a un intero movimento: «Il mio futuro non conta, conta il futuro del partito. Devo ricostruire una credibilità di 32 anni che è andata persa con questa asfaltatura, tutta sulla mia vita privata». Quando sembra che la malinconia abbia la meglio, il giornalista ha un guizzo. Si
accende mentre sale sul palco la coordinatrice Silvia Enrico. E' lui a guidare il coro, «Silvia, Silvia». Grida, si sbraccia, quasi esagera. Poi di nuovo calmo, spiega le ragioni del passo indietro: «Non dovevo stare lì sopra. E' giusto così, sono un semplice aderente».
Resta però un filo di ambiguità sulla questione dello scranno parlamentare, se eletto: «Deciderà il partito, ma non sono interessato al seggio». Fermare il declino ha decretato che si terrà un referendum interno per decidere la sorte del fondatore: «Continuerà l'impegno politico», giura Enrico. «Gli chiederemo un passo indietro», assicura Michele Boldrin, che intanto chiude la campagna a Padova. Il confine tra lo sconforto e l'orgoglio resta sottilissimo, per il giornalista: «E' stato un mezzo miracolo. Se in sessanta giorni abbiamo costretto Berlusconi a urlare, non è perché siamo bravi, ma perché c'è voglia di fare. Certo, ora un calo è fisiologico. Non so quanto, perché non abbiamo soldi per i sondaggi».
Prima del comizio tra i dirigenti serpeggia la rabbia. Per l'infelice scelta della piazza, perché il colpo d'occhio è lontano dai recenti successi delle convention milanesi. Dal palco la giovane coordinatrice prova a incoraggiare un movimento stordito: «Prenderemo il 4%. Hanno pensato di ballare sulle nostre ceneri, ma non le avranno». Conferma Giannino: «Hanno suonato i tamburi a morto per noi, ma invece suoneranno per gli altri partiti». Il primo applauso dedicato al leader è tiepido, ma alla fine quasi tutti vanno a stringergli la mano.
«Non mollo, tranquilli. Ho preso tante botte nella vita». Ora però nel week end staccherà la spina, così almeno promette: «Studierò. Lo faccio da sempre, quattro ore al giorno. Dopo il voto parlerò, ma non per togliermi sassolini». Sul maxi schermo un filmato proietta l'immagine di Luigi Zingales, che intanto su Twitter scrive: «Grazie a Oscar per le sue dimissioni. Voto convinto "Fare"». Non basta, in piazza i fischi sono tutti per lui.
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