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Giovanna Vitale per la Repubblica
La grande accusatrice di Raffaele Marra è una giudice di lungo corso, costretta a restare in trincea «per difendere il mio onore e la mia storia», dice Carla Raineri, per 32 giorni capo di gabinetto in Campidoglio.
Consigliera, l’arresto di Marra conferma tutte le sue denunce.
«In questo momento provo solo una profonda tristezza per quello che considero un fallimento, una sconfitta, per Roma e per le istituzioni italiane. Io però non intendo commentare le indagini in corso: sono un magistrato e rispetto il lavoro dei colleghi. Quel che dovevo, l’ho già detto al procuratore Pignatone».
Nel suo esposto racconta di aver avvertito “un clima di crescente ostilità”, che Marra e Romeo erano onnipresenti, stavano sempre chiusi dalla sindaca e prendevano loro tutte le decisioni, senza fare toccare palla a lei, che pure era il capo di gabinetto in carica.
«È stato esattamente così. Io sono arrivata a Roma su insistenza di Marcello Minenna, che aveva accettato di fare l’assessore al Bilancio ponendo come condizione irrinunciabile di avere me a capo del gabinetto. Io ho ceduto, tra molti timori, perché pensavo di poter proseguire il percorso di legalità iniziato con il commissario Tronca. Presto ho però capito che noi eravamo considerati due corpi estranei, da far fuori in ogni modo».
Come lo ha capito?
«Il clima che ho respirato era surreale. Mi ha ricordato il film Mani sulla città. Riunioni segrete, decisioni strategiche prese nel chiuso di una stanza ed affatto condivise con me. L’ho scritto anche nel “memoriale”: ho trovato un gabinetto che era un guscio vuoto. Tutte le funzioni principali erano state “esportate” altrove.
Di fatto era stata costituita una struttura parallela, il cui capo era Romeo, che si comportava da padrone, con modi villani; mentre Marra, pur essendo formalmente il mio vice, riferiva direttamente alla sindaca. Io ero sempre bypassata. In un mese ho visto la Raggi in privato una sola volta e solo perché ho preteso un colloquio chiarificatore».
Per dirvi cosa?
«Cosa dissi io. Perché la Raggi restò silente. Ricordo bene il suo sguardo pieno d’odio. Le dissi che non avrei avallato la nomina di Romeo a capo della segreteria, che ritenevo illegittima. Che al posto di Marra, al mio fianco, volevo un colonnello dei Carabinieri. Che il gabinetto doveva tornare ad essere un vero gabinetto, non una farsa. E che se non si fossero realizzate queste condizioni non sarei rimasta un giorno di più»
E poi che succede?
«Raggi e Marra ricevono a mia insaputa in Campidoglio il presidente dell’Anac Cantone per sottoporgli la questione della mia nomina. E qui si apre quella che considero la pagina più amara di tutta la vicenda».
Ossia?
VIRGINIA RAGGI DANIELE FRONGIA RAFFAELE MARRA
«Cantone si ritiene competente a pronunciarsi nonostante io non sia un appalto ma un magistrato e, dunque, almeno sino a prova contraria, non sospetta di corruzione. Quindi rende un parere in 24 ore, senza istruttoria e, soprattutto, senza sentire in contraddittorio il destinatario del provvedimento, cioè io. Lo rende in “via riservata”, benché poi postato come un trofeo su Facebook dalla sindaca, e lo fa recapitare con un pony express in Campidoglio.
Un parere totalmente in contrasto con tutti i precedenti, che non sono stati acquisiti, e che contiene almeno tre affermazioni confliggenti con i documenti che attestano i vari passaggi della procedura della mia nomina. Non si sono mai visti quesiti di tre pagine, contenenti già la risposta auspicata, a fronte di un paginetta scarsa di parere».
Ma lei aveva chiesto l’allontanamento di Marra perché si era accorta di qualcosa?
«Quando sono arrivata alcuni ufficiali della GdF e dei Carabinieri sono venuti nel mio ufficio per segnalarmi l’inopportunità di trattenere Marra nel gabinetto. Soprattutto di stare attenta perché lui aveva trascorso la sua vita a fare dossieraggi, ad acquisire informazioni per usarle poi come armi di ricatto».
salvatore romeo e raffaele marra al compleanno di pieremilio sammarco
E lei avvertì Raggi?
«Certo, sia io sia Minenna le abbiamo riferito tutto, e in più occasioni. Ecco perché ora deve dare una spiegazione vera del perché ha preferito tenersi Marra e Romeo, pugnalando me e Marcello alle spalle».
La sindaca ha però ammesso di aver sbagliato, definendo però Marra uno dei 23mila comunali.
«Marra era il suo braccio destro. Lo sapevano tutti. In Campidoglio non si muoveva foglia senza l’avallo suo e di Romeo».
Che ruolo ha avuto Di Maio in questa vicenda?
«Io non l’ho mai incontrato. Ma a quanto mi ha riferito Minenna, per convincerlo ad accettare l’incarico di assessore Di Maio gli garantì che noi avremmo avuto mani libere. Poi però Marra e Raggi gli chiesero un incontro ed evidentemente ottennero il sostegno alla nostra eliminazione».
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