DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
Alessandro Barbera per la Stampa
Dal Renzi aspirazionale e spinelliano sono passati meno di tre mesi. Correva il 22 agosto, gli inglesi erano ancora sotto la sbornia della Brexit e il premier italiano sul ponte della portaerei Garibaldi celebrava il mito europeista con Merkel e Hollande. «L' Europa non è un problema, semmai la soluzione». Doveva essere l' alba del direttorio dei tre grandi Paesi fondatori, e invece. «La Germania non rispetta le regole sul surplus commerciale. Senza politiche su economia e immigrazione, l' Europa rischia». Appena venti giorni dopo, il 16 settembre, Renzi molla Spinelli e abbraccia lo spirito della Thatcher. Il vertice di Bratislava è l' inizio di un' inversione di marcia che sfocia nell' annuncio sul veto alla revisione del bilancio comunitario.
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Ai tempi dei social per un politico più della coerenza valgono consenso e risultati. Renzi non ha digerito le obiezioni di Bruxelles alle richieste di maggiore flessibilità sui conti pubblici, e soprattutto lo scarso impegno della Merkel perché all' Italia fosse riconosciuto lo sforzo di accoglienza verso le decine di migliaia di migranti che attraversano il Mediterraneo. Se il premier aveva bisogno di un alibi per alimentare la campagna elettorale in vista del referendum, l' ha avuto su un piatto d' argento. Per conquistare il voto degli italiani un po' di antieuropeismo non guasta. «Siamo la terza via fra Salvini e Monti», dice da Ragusa.
Comunque andrà, il 2018 sarà un anno elettorale, e per vincere occorre scendere sul terreno di Grillo. Dicono che il consiglio di far sparire la bandiera europea negli sfondi ufficiali sia arrivato da Jim Messina, l' artefice della rielezione di Obama alla Casa Bianca.
Quello annunciato oggi da Renzi non è ancora un veto. Lo ammette il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi che la definisce semmai «una riserva». La discussione sul bilancio comunitario si fa ogni sei anni, la prossima sarà per l' esercizio 2020-2026. Ma in vista della «revisione di metà mandato» la Commissione ha fatto una proposta per introdurre più flessibilità all' interno delle sei grandi rubriche in cui oggi si dividono le spese: «Crescita intelligente e solidale», «Amministrazione», «Europa globale», «Sicurezza e cittadinanza», «Crescita sostenibile».
All' interno di queste sei voci oggi è difficile spostare le spese da un capitolo e l' altro. La presidenza di turno slovacca a sua volta ha formulato una proposta di compromesso. Il sottosegretario agli affari europei di Bratislava Ivan Korcok alza le spalle: «Pur rispettando la riserva italiana c' è consenso per portare la proposta al Parlamento europeo». Gozi chiede «garanzie sul reale aumento delle risorse a favore delle priorità italiane: immigrazione, sicurezza, risorse europee per i giovani».
Korcok derubrica gli argomenti italiani a propaganda: «La nostra proposta prevede sei miliardi in più: 2,4 miliardi per il sostegno alla formazione e occupazione dei più giovani, altri 3,9 per il controllo delle frontiere». Il parere del Parlamento serva a far pressione sugli unici due Paesi ancora contrari alla proposta: l' Italia e la Gran Bretagna, che vuole astenersi. In ogni caso quel parere «non potrà superare un eventuale veto formale italiano quando a dicembre il Consiglio voterà la proposta», spiega l' ex ministro Enzo Moavero. «Se necessario andremo fino in fondo», conferma Gozi. Ma in quel caso si tratterà di un no alle stesse richieste italiane, ovvero di spendere meno per alcune voci e più per altre. Capita, in politica.
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