DAGOREPORT - BERLUSCONI ALLA SCALA SI È VISTO UNA SOLA VOLTA, MA IL BERLUSCONISMO SÌ, E NON AVEVA…
Gianni Barbacetto per il "Fatto quotidiano"
Felice come una pasqua. Piero Di Caterina è raggiante, nella sede di Sesto San Giovanni delle sue autolinee Caronte, ora che gli è arrivato l'avviso di chiusura delle indagini sul "sistema Penati". Contento, anche se è accusato di concussione. "Sono stato io a far venire fuori tutto. Senza di me, questa inchiesta non sarebbe mai nata e non sarebbe emerso tutto il marcio. Quello che ho detto era tutto vero.
Qualcosa non ho detto, ma non è facile dire tutto, perché in questo sistema chi parla si espone e può avere dei guai. Il costo della verità è enorme". Di Caterina negli anni Settanta era un ragazzo dell'Mls (il Movimento lavoratori per il socialismo) di Sesto. Poi si era dato agli affari e aveva avuto successo. Il suo cuore era rimasto a sinistra ed era diventato grande amico di Filippo Penati, allora sindaco comunista della Stalingrado d'Italia e in seguito il più visibile dei leader del Pd al Nord.
Ancor più legato era a Giordano Vimercati, che di Penati era il braccio destro. "Abbiamo fatto per anni le vacanze insieme, con le famiglie", racconta Di Caterina. Poi il rapporto si è rotto. E l'imprenditore della Caronte è diventato il primo, implacabile accusatore di Penati e del suo "sistema".
"Io Penati l'ho aiutato. Sostenuto. E finanziato: gli ho dato, in dieci anni, 3 milioni e mezzo di euro. Li consideravo prestiti. L'accordo era: tu dacci una mano, che poi noi i soldi te li diamo indietro". La prima restituzione avviene nel 2000: a pagare non è Penati, ma un imprenditore di Sesto, Giuseppe Pasini. Attraverso un affare immobiliare: Pasini gli compra una piccola area, dandogli in cambio un'area più ampia, più un conguaglio di 1 miliardo e 250 milioni di lire.
Così sostengono i magistrati di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia. "Ma i pm in questo caso non hanno capito: per me era un affare vero. La mia area era più piccola ma valeva di più". La seconda restituzione ricostruita dai pm, invece, Di Caterina l'ammette: "Sì, ho ricevuto dei soldi da Pasini in Lussemburgo". Secondo i pm, Pasini paga Di Caterina perché spinto da Penati, che può fargli realizzare un intervento immobiliare sull'area ex Falck. à una stecca di 4 miliardi di lire, prima tranche di una tangente che avrebbe dovuto essere di 20 miliardi.
"Con Filippo e con Giordano erano discussioni interminabili. Io volevo che mi restituissero tutti i soldi. Nel 2008 finalmente mi dicono: non hai niente da vendere? E io rispondo che ho un bel terreno in viale Italia a Sesto. Mi mandano da Bruno Binasco, il braccio destro di Marcellino Gavio. Firmo l'atto di vendita e incasso subito la caparra, 2 milioni di euro. Io credevo che fosse una vendita vera, anche se pagata strabene. Invece poi ho capito che era un trappolone.
Due anni dopo, nel 2010, Binasco lascia cadere l'affare e io resto comunque con in tasca la mia caparra. Certo che sapevo che il gruppo Gavio aveva fatto quell'operazione per fare un piacere a Penati! Non sono mica scemo. Ma i rapporti con Filippo e Giordano si rompono qualche tempo dopo, quando chiedo un aiuto nel mio contenzioso con Atm. Non alzano un dito per me che li avevo sostenuti per dieci anni. Allora, quando mi chiama la pm di Milano Laura Pedio (che stava indagando su Giuseppe Grossi e aveva trovato nella sua contabilità quattro fatture emesse a mie società ), decido di raccontare tutto e far emergere il marciume".
Nelle intercettazioni, qualcuno racconta che Di Caterina aveva parlato di Massimo D'Alema e di borse piene di soldi. "Io di D'Alema non ho mai parlato. Lo fanno per screditarmi, per rendermi non credibile, per farmi passare per un fuori di testa. Ho invece parlato di soldi all'estero, questo sì. Ho sentito dire da Vimercati che Penati ha soldi a Montecarlo, in Sudafrica e a Dubai.
Sarebbero i soldi di Gavio, da cui Penati aveva comprato a caro prezzo le azioni della Serravalle. Io consegno a Pedio la fotocopia di una bozza d'accordo sulla vendita e racconto che c'è stato un incontro in via Pontaccio a Milano tra Binasco, Vimercati e un funzionario di Banca Intesa, Maurizio Pagani. Non lo sapevo, ma ho fatto bingo!". C'è anche un altro affare che Di Caterina ha tentato.
"Avevo trovato un terreno delle coop in via Pace, a Sesto. Chiedo consiglio a Filippo e Giordano. Mi dicono di lasciar stare perché c'erano bonifiche pesanti da fare. Io obbedisco e poi mi accorgo che l'affare lo fanno loro: quel terreno lo compra un intermediario che poi lo gira a due amici di D'Alema, Enrico Intini e Roberto De Santis, che ci stanno realizzando su l'operazione Milanopace. E adesso? Mi dia retta, a Sesto vanno avanti le solite porcherie: ci sto scrivendo un libro, su come si ruba in Italia. Se non hai chi ti tutela, sei spacciato".
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