DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
Ugo Magri per "la Stampa"
Adesso o mai più. Perché la vittoria di Bersani alle primarie è l'unica motivazione dignitosa cui Berlusconi può aggrapparsi se davvero desidera, come sembra, tornare in pista. Chi sta intorno al Cavaliere lo vede quasi smanioso di riproporsi all'Italia quale unico vero ostacolo al ritorno dei «comunisti». Avesse vinto Renzi, una simile scusa non avrebbe retto, poiché il sindaco a Berlusconi piace parecchio («Non ha vinto solo per colpa della vecchia burocrazia di partito», è stato il commento serale).
L'accoppiata Bersani-Vendola, viceversa, presta meglio il fianco alla propaganda berlusconiana. Dunque, tra i «pasdaran» ci si attende che il Capo colga l'attimo e ne approfitti per sciogliere la riserva. Significativo il tono di Mantovani, uno degli esecutori più ligi del Silvio-pensiero: «Spetta a lui decidere se candidarsi. In alternativa c'è Alfano, ma il Presidente ha la precedenza...».
La decisione dovrà arrivare in fretta, perché l'«effetto Bersani» è una finestra destinata a chiudersi in pochi giorni. à una di quelle mosse che può funzionare solo se fa leva sull'emozione. E come al solito, l'occasione per scoprire le carte gliela servirà Vespa sul piatto d'argento. Mercoledì l'ex-premier presenterà l'ultimo libro del teleconduttore, e figurarsi se qualcosa non gli scapperà di bocca.
Una certezza, comunque, c'è già : qualunque sarà la scelta del Cavaliere, il Pdl andrà incontro a difficoltà drammatiche. Mettiamo che Berlusconi mercoledì annunci «mi candido». Il resto del partito sarebbe obbligato a seguirlo, «non avremmo altre chance» ammettono gli ex-colonnelli (salvo augurarsi in cuor loro una Waterloo elettorale, che si concluda con Napoleone a Sant'Elena). Però non è detto che Berlusconi gradisca questo peloso appoggio.
Anzi, il contrario: è probabile che Alfano, ma soprattutto gli ex di An, debbano battersi con le unghie e coi denti per ottenere il permesso di sostenere il Capo... Per quanto paradossale, è ciò che si verificherebbe nel caso in cui Silvio tenesse fede ai propositi più volte enunciati: via le «vecchie cariatidi», avanti facce belle e giovani, in lista soltanto fedelissimi a prova di bomba. Berlusconi (se si dà retta a chi lo circonda) pare molto più propenso a guidare una lista nuova di zecca, abbandonando tra le onde la zattera del Pdl.
Può darsi invece che alla fine desista, perché un conto è il dire, altro il fare. Ma la sua presenza resterebbe comunque ingombrante, specie al momento di presentare le liste. C'è chi già ipotizza uno «ius primae noctis» del Cavaliere quando si tratterà di scegliere i candidati, specie se restasse il «Porcellum» (ma anche nel caso in cui la riforma elettorale si dovesse fare).
Si dà per scontato che voglia piazzare un esercito di «amazzoni», di questuanti, di personaggi talvolta pittoreschi che lo divertono, e dunque ai suoi occhi meritano un posto nel Parlamento. Dall'altra parte della fune i notabili tireranno all'impazzata, la corda potrà spezzarsi. Alfano implora di «non dividere quello che è stato faticosamente unito».
Ma perfino dalle sue parti qualcuno arriva a considerare la separazione consensuale di gran lunga preferibile, rispetto a una convivenza tra stoviglie che volano. L'unico punto di convergenza, per ora, è la battaglia per l'«election day».
Tanto Cicchitto quanto Gasparri avvertono Monti e il Quirinale che la minaccia di crisi è cosa seria, urge disinnescarla con l'offerta di una data decente. Il 10 marzo potrebbe andare, specie se Napolitano autorizzasse un decreto che accorpasse in quella data anche le elezioni del Lazio (già fissate il 10 febbraio). In cambio, al Pdl sono disposti a dare già oggi via libera alla riforma elettorale, cui tiene particolarmente il Colle.
SILVIO BERLUSCONI SILVIO BERLUSCONI E DIETRO LA SCRITTA TASSE jpegBERSANI, BERLUSCONIPIERLUIGI BERSANIMATTEO RENZI IN BICIBruno Vespa ANGELINO ALFANO DURANTE UN COMIZIOIGNAZIO LA RUSSA
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