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    RAI CHIUSA PER FERIE – ALDO GRASSO: “I PROGRAMMI DEL SERVIZIO PUBBLICO SI PRENDONO IN MEDIA TRE MESI DI FERIE. EPPURE IL PUBBLICO CHE D'ESTATE SEGUE LA TV È IL PIÙ ANZIANO, QUELLO CHE MAGARI NON PUÒ PERMETTERSI DI ANDARE IN VACANZA E CHIEDE ALLA TV UN PO' DI COMPAGNIA. ALLE OBIEZIONI, LA RISPOSTA È SEMPRE LA STESSA: IN ESTATE CI SONO MENO INVESTIMENTI PUBBLICITARI E SI CERCA DI RISPARMIARE. A SPESE DEL PUBBLICO, CHE PAGA CON IL CANONE..."


     
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    Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"

     

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    Fra i molti problemi che dovranno affrontare in Rai Marinella Soldi e Carlo Fuortes (due persone di indiscutibile valore, una scelta di livello) ce n'è uno, apparentemente di poco conto, ma di alto valore simbolico. Il problema è questo: i programmi del servizio pubblico si prendono in media tre mesi di ferie. Da quando inizia ad andare in onda «Techetechetè», significa serrande abbassate e cartello «Chiuso per ferie».

     

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    Eppure, lo abbiamo scritto più volte, il pubblico che d'estate segue la tv è il pubblico più anziano, quello che magari non può permettersi di andare in vacanza, quello che chiede alla tv un po' di compagnia. Alle obiezioni, la risposta è sempre la stessa: in estate ci sono meno investimenti pubblicitari e quindi si cerca di risparmiare, di far quadrare i bilanci. A spese del pubblico.

     

    Che paga, una prima volta, con il canone e una seconda con una programmazione di risulta. Quando a certi conduttori viene loro contestato l'esorbitante ingaggio, rispondono sempre così: «Ma io faccio guadagnare soldi alla Rai con gli inserzionisti». Già, ma se il programma invece di otto mesi ne durasse dieci, come sarebbe moralmente giusto, bisognerebbe rifare i conti.

     

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    Non voglio entrare in dettagli tecnici, mettiamo pure che per ragioni aziendali un programma non possa durare più di otto mesi (forse c'è il rischio che il personale esterno debba poi essere assunto dall'azienda, anche se il problema non riguarda i programmi acquistati «chiavi in mano»), ma perché sostituirlo, in tv e in radio, con un altro decisamente inferiore?

     

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    È vero che con il processo di digitalizzazione della tv c'è una maggiore offerta (a pagamento) ma è altrettanto vero che il consumo di tv, fra tutti i consumi «leggeri», è il più «anticiclico». Cresce in periodi difficili, perché la tv generalista è in assoluto il passatempo più popolare e decisamente più economico. Per questo la Rai avrebbe l'obbligo morale di non desertificare la sua offerta.

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