DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Silvia Bignami per bologna.repubblica.it
E Pier Ferdinando Casini? Il senatore di Bologna, eletto nel 2018 nelle file del centrosinistra con gran travaglio della base dem, per ora resta a guardare. Ieri passeggiava nelle stanze della casa che fu di Giacomo Leopardi a Recanati, in olimpica pace a praticare silenzio e compostezza. Il suo orizzonte resta chiaro: è quello del centrosinistra di Enrico Letta, col quale ha anche parlato nei giorni scorsi, accordandosi col leader dem di stare a vedere come si mettono le cose. Casini rimane a disposizione di una candidatura, anche nella sua Emilia Romagna, ma non chiede posti. Non si ritira, come hanno fatto Vasco Errani e Pierluigi Bersani, né si fa avanti, come Luigi Di Maio o Bruno Tabacci. Calma e gesso, predica pure a chi lo conosce bene.
Tra i dem già c'è allerta sulle sue mosse. C'è chi giura che il senatore, che siede a Roma dal 1983 e che l'anno prossimo compirebbe 40 in Parlamento, si sia già avvicinato alla lista " Demos", ispirata alla Comunità di Sant'Egidio, che candiderà i suoi rappresentanti nei collegi plurinominali del listone Progressisti e Democratici, creato dal Pd per sé e per gli alleati. Lui scuote la testa - niente di vero - e guarda avanti. Di certo c'è solo che non seguirà Matteo Renzi nella sua avventura centrista e solitaria, nonostante proprio il leader di Italia Viva avesse sponsorizzato la sua corsa alla presidenza della Repubblica, fermata solo all'ultimo dal bis di Mattarella.
E nonostante Casini sia comunque legato all'ex segretario Pd da una forte amicizia, ribadita anche nell'ultimo passaggio bolognese di Renzi, quando il senatore sedeva in prima fila alla presentazione all'opificio Golinelli del libro del numero uno di Iv, "Il Mostro".
Per le Politiche però il senatore bolognese, che del resto non ha mai aderito a Italia Viva, abbandona l'ex rottamatore. Anche se il futuro appare incerto. A Bologna una candidatura di Casini, già faticosa nel 2018, sarebbe stavolta praticamente impossibile. La "città più progressista d'Italia" di Matteo Lepore, che già digerisce male l'accordone col centro di Carlo Calenda, stavolta non ci starebbe.
C'è però il resto della Regione, e c'è anche Roma, dove Casini risiede. Si vedrà. Intanto il senatore prosegue con il consueto aplomb istituzionale, evitando il valzer delle liste come pure le polemiche dei talk show pre- elettorali. Due giorni fa era a Castenaso, al funerale delle due ragazze morte a Riccione. Profilo basso e poche chiacchiere, per il senatore che aveva firmato la mozione per trattenere Mario Draghi al governo.
"Casini pensa già al prossimo giro al Quirinale" sussurrano i maligni, a destra. E per arrivarci non sarebbe nemmeno necessario l'ennesimo giro in parlamento, secondo alcuni. Casini, che è stato presidente della Camera tra il 2001 e il 2006, conserverebbe infatti a Roma un ufficio e diversi legami e potrebbe così restare in ogni caso a due passi dalla politica.
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