DAGOREPORT – IN POLITICA IL VUOTO NON ESISTE E QUANDO SI APPALESA, ZAC!, VIENE SUBITO OCCUPATO. E…
Francesco Spini per la Stampa
Sale il caos in Tim, mentre si avvicina le resa dei conti nel consiglio di amministrazione convocato per giovedì prossimo. A tenere alta la tensione sull'operatore di telecomunicazioni è una nuova girandola di indiscrezioni che riguardano ancora la rete, ma che chiamano in causa la società in cui è stata riposta l'infrastruttura secondaria (la fibra e i doppini in rame che vanno dagli armadietti stradali alle case), ossia FiberCop.
Secondo quanto riportato dall'agenzia Bloomberg, il fondo Kkr, che ad aprile è entrato nel capitale della società controllata da Tim col 37,5%, starebbe considerando di salire fino a comprarsi tutta la società di rete. Un colpo di scena, l'ennesimo di questi giorni, che manda in fibrillazione il mercato: in giornata il titolo strappa fino a un +9%, per chiudere in rialzo del 4,76% a 34 centesimi.
Una leggera discesa dai massimi dopo che in giornata un portavoce di Tim fa sapere che l'ex monopolista «non prevede una riduzione della quota in FiberCop» che è e resterà pari al 58% del capitale. Ricapitolando: l'interesse del fondo statunitense in un giorno fa il giro del mondo per ricevere un «no, grazie» da Corso d'Italia.
Un giallo che non esaurisce una giornata ricca di ulteriori indiscrezioni che evocano perfino scenari più complessi in cui la stessa Kkr (ma si parla anche di altri fondi) potrebbe puntare, se non a una clamorosa Opa, a entrare direttamente nel capitale di Tim, al piano di sopra insomma.
Da tempo del resto si rincorrono voci - che non trovano tuttavia conferma - di un possibile disimpegno totale o parziale della Cdp (secondo socio di Tim col 9,81%), fresca di maggioranza in Open Fiber. La confusione, come si noterà, regna sovrana. E dove il buio si fa pesto la Consob accende il suo faro.
Gli «sceriffi» della Borsa stanno seguendo con attenzione l'andamento del titolo Tim, la scia degli acquisti. Valutano se gli scambi sono concentrati o diffusi e se sono coerenti con le informazioni di pubblico dominio. Poi, quando tutto sarà più chiaro, decideranno il da farsi: se archiviare, oppure avviare un'istruttoria per verificare eventuali abusi di mercato.
Un momento di chiarezza potrà essere il cda straordinario richiesto da Vivendi (prima azionista col 23,8%) e appoggiato da tre consiglieri indipendenti: a questo punto è facile pensare che - parlando di «strategie e organizzazione» - si affronterà anche il tema della rete con le possibili alternative.
L'attesa però è altra e riguarda l'ad Luigi Gubitosi, finito nel mirino dei francesi delusi dall'andamento del gruppo e che scalpitano per una sterzata nelle strategie. Al punto che sarebbero pronti ad assumersi un impegno più diretto nella governance: l'agenzia Reuters scrive che da Vivendi vedrebbero con favore la possibilità di un ritorno del loro ad, Arnaud de Puyfontaine, alla presidenza di Telecom Italia.
vincent bollore emmanuel macron
In ogni caso non accadrà giovedì, quando i riflettori saranno accesi soprattutto su Gubitosi. Difficile dire se sia in arrivo una sfiducia nei suoi confronti. A quanto risulta il dossier Tim non lascerebbe indifferente il governo. E l'informale indicazione a Cdp, al momento, sarebbe quella di mantenere lo status quo, almeno fino a che non sarà stata trovata una valida alternativa per il vertice aziendale.
L'OPZIONE DEL SUPER FONDO USA UN INGRESSO NEL CAPITALE TELECOM
Francesco Semprini per la Stampa
Non solo una possibile offerta per salire nella società della rete. Secondo fonti americane, il fondo statunitense Kkr starebbe valutando addirittura un ingresso diretto in Tim. Un'ipotesi più semplice da realizzare rispetto ad un'Opa che, senza un accordo con il governo, farebbe scattare il Golden power, lo scudo contro le scalate dei gruppi stranieri.
Uno scenario che, nel caso si verificasse, scatenerebbe un terremoto nella finanza italiana. Il fondo a stelle e strisce specializzato in operazioni di «leveraged buyout» detiene già il 37 per cento di Fibercop, la nuova società in cui sono confluite la rete secondaria (dall'armadio in strada alle abitazioni dei clienti) dell'ex monopolista e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber, la joint-venture di Tim (80%) e Fastweb (20%).
Le analisi su qualsiasi mossa sono in fase preliminare e nessuna decisione è ancora stata presa. Ma le fonti spiegano che, tra le valutazioni, ci sarebbe la possibilità di estendere l'intervento ben oltre i confini della rete secondaria.
Nei giorni scorsi, ricostruiscono le fonti americane, l'amministratore delegato di Tim Luigi Gubitosi sarebbe stato a Londra «dove avrebbe incontrato i rappresentanti di Kkr per discutere del dossier» affermano le stesse voci che parlano di interlocuzioni anche con altri due fondi, CVC con sede nel Regno Unito e lo svedese EQT.
Gli interessati spazzano via qualunque ipotesi. «Tanto rumore per nulla», ha confidato Gubitosi ai suoi. Sulla rete unica il top manager ha soltanto spiegato che, se il dossier aperto durante il governo Conte con la Cassa depositi dovesse avanzare, allora il passo indietro sulla maggioranza sarebbe possibile, per contribuire al successo dell'operazione.
Kkr ha una potenza di fuoco notevole e amministra oltre 200 miliardi di dollari. Fondata nel 1976, ha venti uffici in sedici Paesi mondiali. Negli ultimi anni lo shopping in Europa si è intensificato: nel 2019, ha acquisito la società di media tedesca Tele München Gruppe e il distributore cinematografico tedesco Universum Film GmbH.
Nell'agosto 2019 ha acquisito Arnott' s, la società di snack australiana della Campbell Soup Company, per 2,2 miliardi di dollari. Poi è diventato il maggiore azionista del gruppo media tedesco Axel Springer, pagando 3,2 miliardi di dollari per una quota del 43,54%. Nell'estate del 2020 la scommessa sull'Italia e l'accordo con Tim.
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