caffe e sonno

VI SIETE MAI CHIESTI COME MAI, CON IL PASSARE DEGLI ANNI, IL CAFFÈ CI TIENE MENO SVEGLI? - CI SONO DUE RAGIONI CHE SPIEGANO PERCHÉ LA BEVANDA NON HA LO STESSO EFFETTO ECCITANTE COME IN GIOVENTÙ, AL PUNTO DA POTERLO BERE ANCHE PRIMA DI ANDARE A LETTO: IL PRIMO ASPETTO RIGUARDA L’AZIONE SUI RECETTORI CEREBRALI DELL’ADENOSINA CHE, CON L’ETÀ, CALANO. MA C’È DI PIÙ: CON L’AVANZARE DEGLI ANNI L’ARCHITETTURA DEL SONNO DIVENTA SEMPRE PIÙ DISORGANIZZATA RENDENDO L’EFFETTO DI DELLA CAFFEINA MINORE E…

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Estratto dell’articolo di Cesare Peccarisi per “Salute – Corriere della Sera”

 

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Se da giovani un caffè dopo la cena in pizzeria poteva farvi passare notti in bianco, con l’età potreste forse anche berlo prima di andare a dormire e fare ugualmente sogni d’oro. Lo fa pensare uno studio appena pubblicato su Nature Communications Biology da ricercatori dell’Università di Montreal che hanno valutato l’attività cerebrale nel sonno tramite un elettroencefalogramma coadiuvato dall’intelligenza artificiale (AI).

 

La caffeina agisce sui recettori cerebrali dell’adenosina, il neurotrasmettitore del sonno a onde lente, cioè quelle comprese fra 4 e 7,5 hertz che caratterizzano la fase iniziale di sonno detta non-Rem per differenziarla dalla successiva fase Rem che è quella dei sogni. […]

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Il fatto è che, come indicano i ricercatori canadesi, con l’età i recettori cerebrali adenosinergici calano (si veda il box in alto nella pagina), per cui a 41-58 anni la caffeina non trova più lo stesso terreno fertile dei 20-27 anni e la sua azione di ostacolo all’induzione del sonno giocata sull’adenosina si fa sempre più blanda. Ma non è finita qui perché l’interpretazione dell’attività cerebrale rilevata dall’elettroencefalogramma con AI ha indicato che non è solo questione di diversa stimolazione recettoriale, ma anche di un diverso effetto sulla cosiddetta architettura del sonno.

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[…] con l’età l’architettura del sonno si faccia sempre più disordinata e complessa.

Nello stato di veglia la caffeina aumenta la complessità funzionale delle reti cerebrali, rendendoci più reattivi e più pronti. Durante il sonno induce aumenti della complessità dell’attività cerebrale, simile a quelli che si verificano già naturalmente con l’avanzare dell’età. Se quindi da giovani bastava un caffè per rompere il fine equilibrio dell’architettura ciclica del sonno, più in là negli anni diventa una goccia in un mare che è già diventato agitato per ragioni fisiologiche.

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Contro l’architettura del sonno ha buon gioco solo prima che sia iniziata la naturale tendenza entropica da età al disordine del sonno perché, quando ormai si è instaurata, l’effetto di un caffè prima di andare a dormire diventa sempre meno rilevante. L’invecchiamento altera infatti le dinamiche dell’attività cerebrale nel sonno, soprattutto quello non-Rem.

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«E così la caffeina nella mezza età perde l’impatto che aveva sui giovani perché si trova il lavoro già fatto dalla crescente entropia morfeica sul maturo insonne a cui resterà la magra consolazione di potersi gustare un buon caffè dopo cena senza più temere gli scherzi che gli procurava da giovane. Una scoperta crudele per chi ama il caffè e fatalmente sta invecchiando» commenta il professor Giuseppe Plazzi dell’Università di Modena/Reggio Emilia, Direttore del centro per la narcolessia di Bologna e Past President dell’European Narcolepsy Network e dell’Associazione Italiana Medicina del Sonno.

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