Flaminia Bussotti per “il Messaggero”
VAN DER BELLEN E HOFER
Era dai tempi dell' affaire Waldheim che il mondo non si interessava tanto di un presidente austriaco. Allora, i trascorsi durante la seconda guerra mondiale nella Wehrmacht offuscarono la presidenza di Kurt Waldheim (1986-1992) segregandolo nell' isolamento internazionale. Oggi, una sfida presidenziale fra due candidati che per visione politica, biografia e carattere più diversi non potrebbero essere: il professore universitario, ex leader dei Verdi, Alexander Van der Bellen (72 anni), e il populista Norbert Hofer (45), del partito liberal-nazionale Fpö, terzo presidente del Consiglio Nazionale (Parlamento), meccanico aeronautico di formazione.
LE SANZIONI UE
Norbert Hofer
Di mezzo, nel 2000, il trauma per l' Austria delle sanzioni decise dall' Ue dopo l' ingresso della Fpö di Jörg Haider, nella coalizione di governo guidata dal cancelliere popolare (Övp), Wolfgang Schüssel. L' elezione cade in un momento in cui in Europa e nel mondo il vento populista impazza.
Donald Trum alla Casa bianca, Brexit in Gran Bretagna, elezioni in Francia, Olanda, Germania nel 2017 e ovunque i partiti dell' anti-politica, Italia inclusa, in ascesa. La crisi dei profughi ha dominato la campagna elettorale ed è stata cavalcata da Hofer per screditare l' avversario come espressione dell' establishment da combattere. Van der Bellen viceversa si è presentato come il volto aperto e liberale dell' Austria e per questo ha ricevuto l' endorsement degli intellettuali e anche di molti moderati della Övp. Un fantasma si aggira nella Hofburg, titolava la Süddeutsche Zeitung, riferendosi alla cancelleria presidenziale (paragonabile al Quirinale).
Norbert Hofer
SENZA PRECEDENTI
Con oggi siamo alla terza chiamata alle urne: una campagna senza precedenti, durata 11 mesi, che ha sfibrato la gente. Ma i primati non si fermano qui: il primo turno il 24 aprile si era chiuso per la prima volta nella storia repubblicana senza che nessuno dei candidati dei due maggiori partiti -socialdemocratici (Spö) e popolari (Övp) - da sempre simbioticamente legati in governi di grande coalizione e condannati al perpetuo consenso - avesse i numeri per andare al secondo turno.
Al primo ballottaggio il 22 maggio andavano i candidati dell' opposizione: Hofer (35,05%) e Van der Bellen (21,34%). Il risultato, grazie soprattutto ai voti per lettera, sembrava assegnare la vittoria, sia pure di misura (31.000 voti in più), a Van der Bellen: 50,35% contro 49,7%. Irregolarità (non brogli) nel conteggio delle schede, induceva la Fpö a impugnare il voto. La Corte costituzionale annullava quindi il voto e ordinava di rifare il ballottaggio il 2 ottobre. La serie di pasticci non finiva lì: la colla delle buste delle schede per lettera non chiudeva bene. Il ballottaggio è rinviato al 4 dicembre.
NORBERT HOFER
Nel frattempo, a parte gli sfottò generali in patria e all' estero, il Paese rimane senza presidente (il mandato di quello uscente Heinz Fischer scadeva a luglio), il cancelliere e leader Spö, Werner Faymann viene spazzato via (gli succede Christian Kern) e l' Austria viene additata come il primo Stato in Europa, in cui al vertice potrebbe insediarsi un presidente populista. I poteri del capo dello Stato sono più che altro rappresentativi ma il voto diretto gli conferisce un forte peso popolare. La conquista della Hofburg, secondo i media liberali, potrebbe aprire la porta ai nazionalisti al governo: Heinz-Christian Strache, leader Fpö e uomo forte dietro Hofer, potrebbe diventare cancelliere alle elezioni anticipate in primavera.
Norbert Hofer
COLPI BASSI IN TV
I sondaggi danno un testa a testa ed è possibile che la certezza sul vincitore arriverà solo domani. All' ultimo duello tv di giovedì l' ottavo della interminabile campagna i candidati, a differenza di quelli precedenti, si sono attaccati con colpi bassi. Hofer ha dato 24 volte del bugiardo all' avversario (contro tre di questo) e lo ha accusato anche di essere stato una spia del Kgb (e in precedenza di essere un massone e comunista). Van der Bellen gli ha rinfacciato di avere evocato la pena di morte e ipotizzato l' uscita dall' Ue (Hofer ha negato) e tutti e due hanno accusato i rispettivi padri di essere stati dei nazisti (accuse smentite da entrambi). Un duello decisamente poco presidenziale, hanno sintetizzato i commentatori l' indomani, avanzando dubbi che esso possa avere veramente giovato a nessuno dei due contendenti.