DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
Andrea Arzilli per il “Corriere della Sera”
La rivoluzione - o «la riforma», così come preferisce chiamarla il sottosegretario Giancarlo Giorgetti - non si ferma. Va avanti anche se «non ce n' era proprio bisogno», il commento stizzito di Giovanni Malagò poco dopo il vertice a Palazzo Chigi sulla bozza della legge di Bilancio che, togliendo la cassa al Coni per affidarla a una spa controllata dal governo, ribalta poteri e finanze dello sport italiano. Un cambio radicale «di natura politica», dice Malagò forse alludendo al gelo dei rapporti con il M5S che sul fuoco della rivoluzione ha soffiato con tutta la sua forza.
Per dare il polso del muro contro muro Coni-governo c' è prima di tutto da sottolineare un dettaglio non banale: nel vertice di ieri si è discusso di una bozza che Palazzo Chigi, la notte precedente, aveva già bollinato e inviato al Quirinale. Segnale di un iter che fila dritto a prescindere dalle insofferenze del Coni, a blindare la ratio di un provvedimento che il governo, evidentemente, non ha intenzione di snaturare. I due interpreti del vertice lasciano (Giorgetti) e sperano (Malagò) in uno spiraglio per perfezionare la riforma che, in teoria, dovrà andare a regime «non nel 2019» ma nel 2020.
Ma, di fatto, da questa discussione va eliminato il tema centrale, in ossequio al patto di ferro tra Lega e M5S ratificato dal contratto di governo.
«Siamo stati eletti dai cittadini sulla base di determinati programmi e intendiamo attuarli - ha spiegato Giorgetti -. È la democrazia della politica, non c' è alcuna volontà da parte della politica di mettere le mani su qualcosa. E poi i soldi non sono né di Malagò né di Giorgetti ma degli italiani».
pardo lotti malago gravina gasparri
Sull' impianto, che ricalca lo schema di Tremonti scongiurato nel 2002 dall' ex presidente Coni Gianni Petrucci, il margine non c' è. E la situazione è così seria che il presidente del Coni ha subito convocato per il 15 novembre giunta e consiglio in una sorta di unità di crisi. Ieri Malagò ha pure chiarito di aver «espresso parere estremamente favorevole» all' impalcatura finanziaria del provvedimento - ovvero la quantità dei fondi calibrata su un terzo delle tasse versate all' erario dallo sport italiano, per una cifra comunque mai al di sotto di 410 milioni -, e di aver gradito sia «lo Sport Bonus per la gestione degli impianti» sia il sistema che premia con una quota dei diritti tv «chi tessera e fa scendere in campo giocatori dei vivaio italiano». In realtà, però, il presidente del Coni ha provato a sparigliare le carte portando sul tavolo questioni tali da costringere il governo a mettere in agenda altri incontri.
carraro malago petrucci cucci pescante zazzaroni
La prima è legata ai tempi della rivoluzione: Giorgetti ha confermato che per l' anno prossimo «la distribuzione dei fondi sarà compito ancora del Coni», indicando che la riforma potrebbe andare a sistema a partire dal 2020, anno dell' Olimpiade (a Tokyo). La seconda questione è sul capitolo (spinoso) della tassazione: se a distribuire i fondi sarà la Sport e Salute spa, cioè una partecipata «privata» del governo, e non più il Coni, le federazioni dovranno restituire allo Stato il 22% di Iva sul contributo. A questo si deve il «non è vangelo, il testo si può sicuramente migliorare» uscito dalla bocca di Giorgetti. Il terzo tema introdotto da Malagò stabilisce un parallelo tra Coni e Comitato paralimpico (Cip) che va ad alimentare dubbi sulla costituzionalità della bozza. Il Cip non rientra nel documento, quindi i paralimpici potrebbero ritrovarsi in cassa i soliti 20 milioni esentasse, mentre gli atleti Coni si troverebbero a dover stornare l' Iva: si rischia, cioè, di stabilire due tipologie di cittadini, cosa che la costituzione non ammette.
E le Olimpiadi 2026? Il tema non è stato affrontato, del resto il governo è fuori da una partita che il Coni porta avanti con Lombardia e Veneto. Ma tanto, al netto di una candidatura agli occhi del Cio un po' più debole per il Coni senza portafoglio, sono le concorrenti - Calgary e Stoccolma, la prima al voto per la exit strategy e la seconda che valuta sul possibile ritiro - a fare il gioco di Milano-Cortina.
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