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Coline Milliard per http://news.artnet.com
Dopo il massacro agli uffici di “Charlie Hebdo”, i fumettisti di tutto il mondo si sono lanciati sui loro pennelli e matite appuntite, hanno abbracciato l’umorismo tagliente che li contraddistingue, hanno dimostrato ai terroristi che non avrebbero ceduto alle loro intimidazioni, per quanto brutali.
Tra il diluvio di tributi che ha inondato i social media dopo l'attacco, due immagini spiccano particolarmente. Quella del fumettista francese Boulet: "Les canards voleront toujours neplus haut que les fusils" o "Le anatre (i giornali in gergo francese) voleranno sempre più alto delle armi”. Un uomo armato e mascherato ribolle di rabbia mentre una copia di Charlie Hebdo decolla in cielo. E la vignetta di Steve Bell dal “The Guardian” dove gli assalitori sono in realtà degli scheletri, completi di orecchie di Topolino e scarpe da clown.
Tra i tanti omaggi, Bell è forse riuscito a rendere meglio l’atteggiamento di Charlie Hebdo: le barbarie non devono solo essere combattute, ma anche essere messe in ridicolo.
Dal flashmob in stile Keith Haring per le proteste di Ferguson, agli ombrelli di Hong Kong e le vignette sui bombardamenti a Gaza. Siano esse performance, installazioni o semplici disegni, le forme artistiche sono venute alla ribalta per rispondere alla violenza, si sono unite alla lotta e hanno sfidato i percorsi ufficiali di diffusione dell'arte.
E adesso? Ne abbiamo bisogno ancora di più. Come ha dimostrato ancora una volta il massacro di Charlie Hebdo, l'arte, l'umorismo, l'ironia e la cultura non sono solo lembi svolazzanti di un papiro da intellettuali, sono un pericolo reale per gli estremismi di ogni genere.
L’artista indiano Satish Acharya ha pubblicato l’immagine di due terroristi che dopo il bagno di sangue, osservano perplessi una penna. La didascalia dice: "Cos'è questa piccola arma che ci fa così male?"
Abbiamo bisogno di più arte nella politica. Non perchè gli artisti siano migliori di noi o più abili nel comprendere i fatti. Ma l’arte è un bene che riesce a trasmettere un messaggio per tanti, che rimane nel tempo, generazione dopo generazione. Il “Guernica” ha portato un po’ di orrore del fascismo di Franco. E ancora lo fa.
Ieri sera il mondo si è sentito un po’ più unito. Sono state organizzate veglie in tutto il mondo, da Parigi a Tokyo, da Londra a New York, da Montreal a Lima. E spero che sempre più artisti prenderanno parte a questa condivisione globale.
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