DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Alessandra Mammi per Dagoart
Jeff Koons il più americano di tutti, tanto che il Whitney l'ha elevato a simbolo per suggellare la chiusura della vecchia sede a New York prima di trasferirsi in lower Manhattan sbarca al Pompidou e ci resta fino a fine aprile. Lì fra i grigi tetti del Marais, con tutti i suoi giocattoli,pupazzoni e pupazzetti che nonostante le dimensioni già sembrano miniature a confronto del museo giocattolone costruito da Renzo Piano quando Koons era ancora a scuola media.
balloon monkey orange jeff koons
Il vero erede del Pop arriva con il suo sorrisone panavision a denti sbiancati in quella terra di Francia che in fondo la Pop art non l'ha mai mandata giù tanto da cercare di farsene una versione tutta sua “Le nouveau realisme” (non ha funzionato come il prototipo d'oltreoceano, ma questa è un altra storia)
Koons invece è monumento, quintessenza, celebrazione assoluta del gusto popolare americano. Qualità sigillata dal denaro e dai suoi milionari record per cagnolini gonfiabili in versione alluminio smaltato a fuoco. Cosa che nella logica puritana e capitalista diventa conferma del talento. Ma a a volte i soldi non bastano e come fa notare Jackie Wullschlager sul “Financial Times” una cosa è splendere da soli a Manhattan un'altra è condividere il salotto di Parigi assediato dall'Atelier Brancusi da una parte e da una mostra su Marcel Duchamp dall'altra.
Qui i palloni da baseball nell'acquario accanto allo scolabottiglie del maestro Dada non sembrano più tanto originali. E quel tirare a lucido le superfici in nome di un raffreddamento dell'opera, va beh ….Brancusi ci aveva lavorato parecchio prima e con risulttai più originali). Per non parlare degli autoritratti di Koons in stile Luigi XIV portati in casa del solare sovrano. E si potrebbe continuare accentuando la crudeltà, citando le Grand Verre come totem erotico contro il porno cheap degli amplessi tra Jeff e Cicciolina.
“Se lo giudicate, non lo capirete” ha detto il suo mercante David Zwirner mettendo le mani avanti. Ma nella patria dell' Illuminismo chiedere atto di fede e sospensione di ogni giudizio di fronte a un delfino in alluminio, è per lo meno innopportuno. Forse più che richiesta è una preghiera. Perdonatelo e perdonateci se tra un Duchamp e un Brancusi, il povero Jeff sembra un pubblicitario con poche e ripetute idee. Forse lo è. Ed è questa la sua vera forza.
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