RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Roberto Beccantini per il Corriere dello Sport - Estratti
Dalle doglie di un piattume che Manuel Vazquez Montalban aveva anticipato in un libro del 1988, “Il centravanti è stato assassinato verso sera”, nel senso che ormai segnano in pochi, e fra quei pochi nessuno di loro; dal ventre di un torneo “comme ci comme ça”, ecco balzare sul pulpito la nuova Francia che nel calcio, per andare a sinistra, da Theo Hernandez a Kylian Mbappé, non ha bisogno di ballottaggi, pronta a tutto pur di togliersi dalla pelle il tatuaggio di dissipatrice inguaribile che ne ha caratterizzato la storia e, spesso, condizionato la bacheca.
Se chiedete a Michel Platini la partita che più lo ha emozionato, vi risponderà: Francia-Germania Ovest 3-3, semifinale del Mondiale 1982. Si giocava nella fornace di Siviglia. Uno pari al 90’ e poi, nei supplementari, addirittura 3-1. A cavallo? Manco per idea. I galletti si fecero polli, i tedeschi li rimontarono e, ai rigori, li spennarono. Eppure Michel, ogni volta che la cita, si commuove.
E negli ottavi dell’Europeo 2021? Svizzera sopra di uno, Francia sopra di due, 3-1, e anche lì il canonico pisolo, gli ineluttabili ruttini da pancia piena, Paul Pogba che fa e disfà. Morale: 3-3, penalty e au revoir. Se in Andalusia il ct era Michel Hidalgo, a Bucarest era Didier Deschamps. Vice re d’Europa nel 2016 e del Mondo nel 2022; campione del Mondo nel 2018. Non proprio un orecchiante.
Oggi a Monaco, ore 21, va in scena l’ennesima puntata di Spagna-Francia, valida per la semifinale del rodeo continentale. Mascherato Mbappé, da sub, per via del naso rotto; e mascherate le cicale, da formiche, perché la carne del risultato sa essere più forte dello spirito delle lavagne.
Ebbene sì. Allons enfants du museau court, Didier in versione Maximilien (Allegri, però: non Robespierre), due autogol (Austria, Belgio) e il rigore alla Polonia; zero con olandesi e portoghesi. Dopo cinque gare devono ancora realizzarne uno su azione. D’accordo, e qui si torna al romanzo di Montalban, latita un nove vero, non importa se del calibro di Karim Benzema o della malizia di Olivier Giroud, parcheggiato in branda. Mbappé, lui, azzecca più comizi che dribbling; i simboli non sono Marcus Thuram o Randal Kolo Muani, e nemmeno l’effervescenza di Antoine Griezmann: sono Mike Maignan, il portiere, e William Saliba, lo stopper.
(...)
Lo slogan riassume al meglio i nostri tic, le nostre ambiguità. Vuoi vedere che i francesi - “italiani di cattivo umore”, come scriveva Jean Cocteau - hanno deciso di adottare, e adattare, quel “purché” (si vinca)?
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