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Mario Sconcerti per il "Corriere della Sera"
Buffon infrange la vecchia regola dei portieri incantati sui rigori dopo i tempi supplementari, ne para tre e regala il terzo posto all'Italia. à un ottimo risultato, comunque sia arrivato. Eravamo stanchi e con poche risorse, ma questa di Prandelli è una squadra dal piccolo idealismo parrocchiano, tiene sempre, crede in se stessa. Più importante forse capire come va preso in generale questo risultato. La Confederations chiude tre anni di nuova Italia dopo il disastro dei Mondiali in Sudafrica. à stato un buon lavoro nelle condizioni peggiori. In campionato gioca ormai solo un italiano su tre.
E ancora non esiste una vera emigrazione che compensi. Quello che di italiano piace all'estero sono soprattutto gli allenatori. Nei 23 di Prandelli in Brasile, uno solo ha giocato l'ultimo anno all'estero, Sirigu, che peraltro fa panchina. Questa ristrettezza di scelte si sta ormai facendo sentire e frena qualunque crescita. L'Italia ha un buon gruppo, una buona organizzazione di gioco, ma vive a un'altezza di mezzo. Manca la qualità finale. Vinciamo con squadre di seconda fascia, pareggiamo con quelle buone, perdiamo con le ottime. Siamo sempre competitivi, ma è quasi una finta che conosciamo bene. Si vede una squadra, ma non può essere mai una grande squadra.
Prandelli può scegliere ormai tra pochi giocatori. à bastato mettere Astori al posto di Bonucci per rendere fragile la difesa. Ci sono voluti due straordinari colpi piazzati di Diamanti per arrivare in porta anche con l'Uruguay. Il confine più evidente è l'attacco. Non abbiamo giocatori internazionali. Lo stesso Balotelli è in formazione, grande potenza, poco controllo. Speravamo di aver risolto con la crescita di El Shaarawy ma si è fermata. Osvaldo sembra sempre un corpo estraneo, anche se ne avremmo tanto bisogno. Gilardino gioca bene ma non tira più.
Matri e Quagliarella vengono utilizzati troppo poco dalla Juve, non possono candidarsi. Resta Pazzini, resta la solitudine di Cerci e l'impossibilità di tornare a Cassano. Per la prima volta dopo almeno trent'anni, non abbiamo un attacco all'altezza e non abbiamo nemmeno la possibilità d'inventarlo. Stanno crescendo Gabbiadini, Borini, Destro, ma sono promesse. In realtà ci siamo essiccati, non abbiamo più un gruppo, abbiamo dei grandi superstiti. Siamo lentamente e con onore retrocessi di linea, abbiamo perso la vecchia grandezza. Siamo pessimi avversari per chiunque, ma non siamo più davvero competitivi.
Forse passerà in fretta, forse no, di sicuro possiamo farci poco. Ogni azienda del calcio ha il diritto di scegliere i calciatori che crede, da qualunque Paese vengano. D'altra parte, ormai non solo abbiamo pochi giocatori italiani, ma stiamo anche cominciando a vendere le nostre grandi società . Che si baratti questo con il vantaggio di aver qualche soldo in più per il mercato, mi sembra francamente scandaloso. Ci tiene a galla la nostra scuola tattica, la nostra abitudine alle grandi partite. L'intelligenza del nostro intero movimento. Ma questi tre anni di calcio sempre buono e raramente ottimo raccontano un limite che avevamo dimenticato. Rigori di Buffon naturalmente a parte.
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