bernardeschi

“MI METTEVO LA GONNA E MI DICEVANO: SEI GAY. E CHE PROBLEMA CI SAREBBE?” – IL CALCIATORE DEL BOLOGNA FEDERICO BERNARDESCHI, OSPITE DEL PODCAST "BSMT" DI GIANLUCA GAZZOLI: “CHAPEAU A CHI HA FATTO COMING OUT. OGNUNO DEVE ESSERE LIBRO DI FARE QUELLO CHE VUOLE”. E SUL SUO PRESENTE: “IL BOLOGNA UNA SOCIETÀ SERIA. E ORA VOGLIO ANDARE AI MONDIALI…”

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Luca Bortolotti per repubblica.it - Estratti

federico bernardeschi

 

«Mi mettevo la gonna e dicevano che ero gay. Ma anche lo fossi secondo te non lo direi, che problema ci sarebbe? Anzi, ne andrei fiero, e chapeau a chi fatto coming out». Si parla di calcio, ma anche di tanto altro nelle due ore di chiacchierata di Federico Bernardeschi ospite del podcast Bsmt di Gianluca Gazzoli, dove il fantasista rossoblù si apre. Il pallone, la scelta di venire a Bologna «anche per il Mondiale», ma pure il passato, le ferite chiuse e quelle aperte lasciate da un mondo del pallone che sa essere anche crudele, soprattutto per giudizi e pregiudizi.

 

 

Bernardeschi va indietro ai tempi della Fiorentina e quelle parole velenose su cui «ora rido, ma allora avevo vent’anni e mi hanno fatto soffrire. Andavo in spogliatoio con la gonna, e me ne hanno dette e scritte di ogni, anche sui giornali. Ma se mi piaceva la gonna la mettevo, non vedo quale sia il problema». Vicende vissute sulla propria pelle che Bernardeschi trasforma in messaggio, «bisogna che la gente capisca che ognuno deve esser libero di fare quel che vuole. E anche domandarsi: davvero è così importante l’opinione degli altri? Se io faccio soffrire la mia famiglia allora è un problema, ma quel che mi dice la gente non deve mai esserlo».

Bernardeschi

 

(…)

 

Bernardeschi ha raccontato anche dei tempi con la Juventus e le difficoltà che gli ha creato non riuscire a confermarsi in bianconero, con la frase celebre del “rischiare la giocata” trasformata in autoironico motto per affrontare il momento, assieme a un percorso di terapia per imparare a reagire meglio ai problemi. Poi la gioventù, gli sforzi dei genitori per fargli seguire il suo sogno e i suoi «veri eroi, i genitori che fanno lo stesso percorso dei miei ma i cui figli non arrivano al successo, perché realizzare i sogni non è garantito».

BERNARDESCHI

 

Bernardeschi torna poi sul passaggio dalla Fiorentina alla Juventus, con tutto quello che questo significò per il pubblico Viola, «ero consapevole di cosa avrebbe comportato andare proprio alla Juve, avrei voluto salutare e dire che sarei sempre stato grato a Firenze, ma l’avessi fatto allora non sarei stato credibile. Lanciai io la moda del certificato medico, quando non mi presentai in ritiro perché ormai il passaggio alla Juventus era ai dettagli. Ma le trattative si fanno in due, se il club non è d’accordo il trasferimento non si fa, non so perché ce la si debba prendere solo coi giocatori».

 

E sul Bologna oggi parla di un gruppo «dai valori importanti, e una società seria che funziona. Tutti, anche la città, mi hanno accolto benissimo. E ora, perché non puntare i Mondiali».

federico bernardeschibernardeschibernardeschi 9BERNARDESCHIveronica ciardi e bernardeschi 2bernardeschi veronica ciardifederico bernardeschibernardeschi insignefederico bernardeschi