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Stefano Semeraro per la Stampa
Debuttare sul Centre Court? «Non cambia niente: le dimensioni del campo sono le stesse». Sfidare Serena Williams? «Non mi emoziona. Non seguo il tennis femminile.
Anzi, non seguo proprio il tennis». Giocare i quarti a Wimbledon? «Non sono sorpresa.
Sapevo che prima o poi sarebbe successo».
Camila Giorgi ha appena sgretolato in un' ora e mezzo la ex n.8 del mondo Ekaterina Makarova sul campo n.12, conquistandosi un posto fra le «last eight», le ultime otto ai Championships - quinta italiana nella storia dopo Lucia Valerio (1933), Laura Golarsa (1989), Silvia Farina (2003) e Francesca Schiavone (2009) - ma no: né sul pizzo sexy della blusa con cui si presenta in sala stampa, né nella sua espressione da graziosissima Gioconda compare un grinza.
Una smagliatura di gioia, il brivido di un' emozione. E dire che per incitarla, Tathiana Garbin, la nostra capitana di Coppa ha perso la voce. Gli statistici hanno frugato nei precedenti (se si sommano i quarti di De Morpurgo, Pietrangeli, Panatta e Sanguinetti da queste parti arriviamo a 9 nel computo unisex), i giornalisti stranieri provato a interrogarla. Macché: Camila non si increspa.
In campo ha sottomesso 6-3 6-4 la Makarova, indifferente alle traiettorie mancine della russa, macinandola da fondo e disossandola col servizio nonostante i 7 doppi falli che nel torneo la portano a quota 38, un record per quest' anno. Sei anni fa qui a Wimbledon era già arrivata negli ottavi, promettendosi un futuro importante, poi sempre rinviato. Miglior classifica il n.30, raggiunto tre anni fa (oggi è n.52 ma virtualmente già n.34), un solo torneo vinto, sull' erba olandese e marginale di 's-Hertogenbosch. «Nel 2012 ero una bambina, sono maturata. La differenza è che negli ultimi anni ho sempre dovuto fare i conti con gli infortuni, quest' anno invece ho giocato con continuità. E poi sono tranquilla anche fuori dal campo».
Difficile strapparle di più. Il Giorgi-pensiero è lineare e apparentemente senza sfumature come il suo tennis, un pressing continuo che nei giorni di buona può far deragliare qualsiasi avversaria (Serena compresa, con cui pure ha perso 3 volte su 3); in quelli storti trascinarla in un amen fuori dal campo. «Io bado sola a me stessa. Non importa chi c' è dall' altra parte della rete.
Amiche nel circuito? Non ne ho, il tennis per me è un lavoro, la mia vita è altrove. La tensione? Non la sento: sul matchpoint gioco come nel primo punto della partita». Piccola bugia, visto che ieri sul primo matchpoint è arrivato un doppio fallo, e gliene sono serviti altri tre per chiudere. Per qualcuno la conquistata serenità coincide con l' eclissi di papà Sergio («ma lui è qui»), una presenza spesso ingombrante, forse con una love story ritrovata. Una semifinale a Wimbledon varrebbe comunque un supplemento di mistero.
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