IL MAGO DELLA CHAMPIONS - DAL ‘FALLIMENTO’ JUVE ALLA ‘DECIMA’ COL REAL: IL CALCIO AI PIEDI DI ANCELOTTI, L’ALLENATORE PIÙ VINCENTE D’EUROPA - ‘IL MIO SEGRETO? FARE MENO DANNI CHE POSSO’ - E RENZI LO CERCA AL TELEFONO

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Marco Ansaldo per "La Stampa"

«Il mio segreto? Fare meno danni che posso». Carlo Ancelotti usa l'ironia ma non è affatto convinto che quella sia la ragione per cui è diventato l'allenatore più vincente in Europa, alla pari con Paisley che guidò il Liverpool alla conquista della Coppa dei Campioni negli anni Settanta. Vincere è sempre difficile ma rispetto ad allora la concorrenza è moltiplicata. «Adesso le più forti ci sono sempre - osserva Carletto -. In semifinale soltanto il Bayern era campione di Germania. Noi, l'Atletico e il Chelsea trent'anni fa avremmo giocato in Coppa Uefa, la finale che avete visto sarebbe stata impossibile».

E ci sarebbe mancato il suo trionfo a mettere un pezzo d'Italia dove i club non arrivano più. Lui dice che è questione di cicli. «Prima o poi le squadre italiane torneranno a vincere perché il calcio va a periodi come la storia: l'importante è che non si scenda mai sotto un livello da cui è poi impossibile ritrovare l'eccellenza». Nell'attesa c'è lui, che si è addormentato alle 9 di mattina dopo il viaggio da Lisbona e la festa in piazza Cibeles, dove ha capito di aver compiuto qualcosa di immenso. Florentino Perez gliel'aveva detto abbracciandolo in campo.

Un grazie che veniva dal profondo. «Dal primo giorno ho capito che al Real impazzivano all'idea che mancasse la decima coppa, ne avevano fatto un punto d'onore. Cosa mi sarebbe successo se l'avessimo persa? Ci sarei rimasto male e un po' lo temevo vedendo che l'Atletico si difendeva molto bene e non riuscivamo a passare. Al pareggio di Ramos ci restava una carica terribile.

Ho fatto i complimenti a Simeone per la stagione fantastica, però, anche se stavamo perdendo la finale, con noi ha vinto il calcio». «Tornando a me - prosegue - sarei rimasto al Real. Che potessero farmi fuori e che sarei tornato al Milan lo leggevo sui giornali come un'ipotesi. Anche se le ipotesi sono sempre pericolose».

Tredici anni fa non credette alla voce che Moggi e Giraudo lo stessero giubilando dalla Juve. Rimase di sale scoprendo che era vero. La sua carriera decollò dal fallimento di un progetto per il quale era forse immaturo. «Immaturo o no, persi due scudetti facendo 144 punti». È l'altra faccia della fortuna che viene tirata in ballo quando vince, quasi non se ne volesse accettare la bravura.

Probabilmente Ancelotti non sa vendersi da genio benché lo paghino come tale. Non elabora teorie, non snocciola un credo, non si atteggia a santone. Si fatica a definire il suo calcio perché nessun ingrediente colpisce più di altri. C'è equilibrio tattico e buon senso. C'è la sdrammatizzazione. «E adesso parliamo di cose serie, chiedetemi se il Sassuolo si può ancora salvare», disse ai cronisti italiani che lo incontrarono poco prima della semifinale con il Bayern.

La forza (apparente) dei nervi distesi. All'inizio i giocatori non ne sono folgorati e questo fu il suo problema nell'impatto con Madrid. Poi passano dalla sua parte. Che Sergio Ramos, un boss, lo abbia baciato sulla testa coinvolgendolo nei cori del dopo partita dimostra che chi ha il Real sotto la pelle ne ha capito le grandi qualità. «Sì, sono fortunato - sorride Ancelotti - . Ma la volta che persi la finale con il Milan rimontato di tre gol dal Liverpool la fortuna doveva guardare da un'altra parte.

Non per i gol presi, perché furono una colpa. Dico per le volte che tirammo addosso al portiere». Messe in fila, le sue tre Champions hanno storie diverse. «Ma lo stesso peso. La prima ebbe il sapore della vittoria sulla Juve con cui partivamo sfavoriti. La seconda fu il riscatto contro il Liverpool e quella in cui giocammo meglio. Questa entra nella storia per cosa rappresenta». Matteo Renzi lo ha cercato per complimentarsi (anche se il Carletto non è mai stato vicino al Pd), Madrid ieri si è sciolta ai suoi piedi. «Ho avuto ancora una volta la prova - dice - che questo è un club unico al mondo».

 

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