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Marco Mensurati per “la Repubblica”
La cosa più difficile, oggi, cinque mesi dopo l’incidente sulla neve di Méribel, è provare a immaginarselo pallido, con il volto scavato, e il fisico prosciugato dall’immobilità a sagomare appena le lenzuola nella stanza della terapia intensiva dell’ospedale di Grenoble. Pare che abbia perso almeno 20 chili, Michael Schumacher, il pilota più vincente della storia della Formula 1.
SCHUMACHER E LA MOGLIE CORINNA NEL DUEMILATRE
I pochi che hanno accesso al suo letto ne parlano con la voce filtrata da un misto di pudore e tristezza come di un fantasma: «Sta lottando nell’unico modo in cui gli è possibile, sopravvivendo». I medici continuano ogni giorno a sottoporlo a stimoli di ogni tipo, dicono, «e lui mostra minuscoli segnali positivi». Ma «minuscoli segnali positivi » non sono sufficienti. «I medici continuano a non sbilanciarsi e il loro contegno fa venire i brividi».
SCHUMACHER CON LA MOGLIE CORINNA
La cosa più atroce, invece, oggi, è ascoltare le voci che continuano a rimbalzare intorno all’agonia di quest’uomo di 45 anni, marito e padre di due figli. La penultima due giorni fa. Quando il Mundo Deportivo ha pubblicato una notizia che per qualche istante aveva fatto fremere i cuori dei molti tifosi del campione tedesco. Sabine Kehm, la sua manager - secondo il quotidiano spagnolo - avrebbe infatti dichiarato che «Michael ha momenti di coscienza, nei quali dimostra di avere capacità di interagire con l’ambiente circostante ». La novità sarebbe stata decisiva, ma è stata smentita dalla stessa Kehm.
Questo, non significa che la famiglia e l’entourage di Schumi disperino. Tuttavia sanno bene che più tempo passa senza che il paziente dia chiari segnali di ripresa, più questa diventa difficile. I dati sono brutali: «Solo il trenta per cento delle persone che hanno recuperato da un coma indotto dopo un trauma simile ha poi potuto ricominciare una vita normale, il cinquanta per cento dei pazienti ha riportato problemi più o meno seri, mentre il venti per cento è stato costretto a combattere con gravi disabilità. In questo venti per cento vanno comprese quelle che hanno sofferto una fase di coma lunga più di sei mesi».
Ed è proprio citando questo tipo di letteratura scientifica che ieri da Internet si è levata l’ennesima voce del coro degli esperti: «Temo, e ne sono quasi certo, che non avremo mai più buone notizie sullo stato di salute di Schumacher», ha detto Gary Hartstein, un anestesista statunitense ex impiegato della F1. Specificando di non avere fonti dirette e di parlare solo per sentito dire, Hartstein ha spiegato che «le possibilità di risveglio diminuiscono con il passare delle settimane e diventano minime dopo sei mesi, nessuna persona in stato vegetativo per un anno può riprendere conoscenza».
“Nobilitata” dall’ex militanza di Hartstein nel circus, la sua diagnosi ha fatto rapidamente il giro del mondo schiantandosi però contro il fastidio del clan di Schumacher che informalmente accusa il medico di volersi fare solo pubblicità: «Un medico dovrebbe avere più rispetto per i malati».
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