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Mirco Melloni per la Stampa
Il record di vittorie non bastava. Venerdì notte Steph Curry ha strappato a Michael Jordan un altro primato: nel 2017/18, la stella dei Golden State Warriors diventerà il primo giocatore Nba a superare i 33 milioni di dollari annui di stipendio, asticella che MJ aveva fissato vent' anni fa, in occasione dell' ultima stagione - e dell' ultimo titolo - con i Chicago Bulls. Merito di un contratto destinato a passare alla storia, dato che l' accordo tra Curry e i campioni Nba è il primo oltre quota 200 milioni complessivi (201 per i prossimi cinque anni).
Un contratto che rafforza scenari già noti: Curry è una stella assoluta all' interno della Lega più in salute dell' intero panorama sportivo, dato che il fatturato continua a salire e qui giocano gli atleti mediamente più pagati (5,6 milioni di dollari a giocatore nel 2016/17). E il rischio di andare in perdita non si scorge, dato che il nuovo contratto collettivo ha soddisfatto i proprietari sventando la minaccia della terza serrata in 20 anni. Ma le stelle sentono di valere ancora di più, come dice il tweet di LeBron James: «Steph valeva 400 milioni, perché esiste un tetto per i giocatori Nba?».
Premio fedeltà Il contratto di Curry è figlio di due impennate recenti. L' estate 2016 è coincisa con l' entrata in vigore del contratto televisivo da 24 miliardi di dollari in nove anni, che ha permesso alle 30 squadre di elevare il tetto salariale: uno sviluppo che ha arricchito i giocatori di fascia medio-alta, non a caso il precedente contratto-record apparteneva a Mike Conley, playmaker (ma non stella) di Memphis con 153 milioni in cinque anni. Il nuovo contratto collettivo, entrato in vigore proprio ieri, ha invece portato benefici soprattutto ai big, meglio se fedeli al proprio club.
Viene premiata la figura del «Veteran Designated», cioè colui che è nella Nba da almeno sette anni, che non ha cambiato squadra dopo la quarta stagione, e nell' annata alla vigilia del rinnovo è stato Mvp (Curry ha vinto il titolo all' unanimità nel 2016), difensore dell' anno oppure è stato inserito nei tre migliori quintetti della Lega. Nomine a discrezione dei media, ma la cultura del sospetto negli States è più debole che in Europa Chi vanta tali requisiti può essere ricompensato con il 35% del tetto salariale: nel caso di Curry, nel 2017/18 sarà vicino ai 35 milioni di dollari, con l' ingresso nel gotha dello sport mondiale, a un passo dai duellanti Lewis Hamilton e Sebastian Vettel, e dalla leggenda del football Tom Brady.
Pochi ma buoni Curry sorpasserà Jordan, Kobe Bryant e LeBron James (che ieri si è congratulato con Steph), finora gli unici a guadagnare più di 30 milioni in un' annata, ristabilendo l' ordine dopo annate a «soltanto» 11 milioni. Colpa di un' esplosione tardiva, che ha fatto sì che nel 2016/17 Curry fosse l' 82° giocatore più pagato della Lega. A fargli compagnia saranno in pochi: il «Veteran Designated» spetterà a James Harden (che con Houston tratta sulla base dei 220 milioni!), Russell Westbrook (Oklahoma City) e John Wall, a cui Washington ha offerto 170 milioni in quattro anni. Chi non ha lo stesso status - come James e Kevin Durant che hanno cambiato squadra di recente - si «accontenta» di quadriennali tra i 140 e i 150 milioni. Oppure cambia squadra, come Paul George.
Indiana non poteva più offrire un contratto irripetibile, meglio allora andare a inseguire il titolo ad Oklahoma City. Mostrando così l' altro lato del nuovo contratto collettivo.
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