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MOSCA, CI VEDIAMO DOPING - IL CASO SHARAPOVA E' LA MAZZATA FINALE PER L’ATLETICA DELLA RUSSIA: VERSO IL NO AI GIOCHI DI RIO: “NON HA FATTO PULIZIA” - L’EX NUMERO 1 DELL’ANTIDOPING POUND: “SEMBRA CHE I RUSSI STIANO CAMBIANDO SOLO LE SDRAIO SUL TITANIC”

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1. RUSSIA, LA CORSA È FINITA

Emanuela Audisio per “la Repubblica”

 

La marcia su Rio finisce qui. L’avventura olimpica dell’Orso è in pieno deragliamento. La Russia sul doping non ha cambiato passo, anzi continua come prima. Le Marie Sharapova sono tante, in tutti gli sport. E hanno le stesse cattive abitudini. Per questo la Russia dell’atletica è sempre più lontana dai Giochi.

 

Lo dimostra un altro documentario dell’Ard, la rete televisiva tedesca che rivela come Vladimir Mokhnev, coach russo già squalificato, continui tranquillamente ad allenare a Gubkin, 600 chilometri a sud di Mosca, mentre un altro tecnico, Yuri Gordeev, accanto a lui, offre di vendere prodotti illegali («Ma non parliamone per telefono »).

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In più ci sono le rivelazioni su Anna Antselevich, nuovo segretario generale della Rusada, la donna che avrebbe dovuto riabilitare l’agenzia antidoping russa ma che in passato, quando era una semplice impiegata, avrebbe avvisato gli atleti delle date dei test a sorpresa. Sua voce al telefono: «Va bene se facciamo il test la settimana prossima? Così abbiamo tempo e non ci sono problemi».

 

La Iaaf, federazione internazionale di atletica, ha acquisito il materiale dell’Ard, ma devono esserci veramente pochi dubbi se Craig Reedie, presidente della Wada, l’agenzia antidoping mondiale, dice: «Le speranze dell’atletica russa di mandare i suoi atleti a Rio e di veder revocata l’attuale sospensione sono seriamente compromesse. C’è ancora molto lavoro da fare nel paese».

 

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Mancano solo quattro mesi ai Giochi. La Russia non è un piccolo concorrente che chiede visibilità per una settimana, ma una grande potenza sportiva che ha sempre lottato per il comando nel medagliere. Ora rischia di sparire dallo sport olimpico più importante. Il tempo per sradicare il male è poco, soprattutto se manca la volontà. La Russia pecca: come prima, più di prima.

 

Lo ha confermato anche Dick Pound, ex presidente della Wada: «Sembra che ci sia qualche evidenza che stanno solo cambiando le sedie a sdraio sul Titanic. La mia ipotesi è la Russia potrebbe non riuscire a tornare a Rio. La Iaaf e la Wada non rischieranno la loro reputazione facendo finta di nulla. Quanto a Maria Sharapova, merita assolutamente di essere squalificata». E già, perché i casi di positività toccano molte discipline: nuoto, tennis, pattinaggio, volley, ciclismo.

 

L’ultima caduta nel Meldoniumgate è Ekaterina Konstantinova, 21 anni, nazionale dello short-track. Subito difesa, ci mancherebbe altro, dal presidente della federazione russa pattinaggio, Alexey Kravtsov: «Molto probabilmente si tratta di errori di laboratorio. E’ una congiura contro le stelle del ghiaccio, sono sicuro che riusciremo a provare la completa innocenza degli atleti. Abbiamo dei dati sulla questione ma non possiamo renderli pubblici».

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Un vero e proprio contagio di meldonium, il prodotto lettone che lo sport russo assume come fosse vitamina. Non è un caso che su 4,316 test effettuati l’anno scorso su atleti russi, 724, e cioè il 17%, era positivo alla sostanza (al tempo non ancora vietata) mentre tra gli atleti non russi la assumevano solo 182 su 8.230, il 2.2%. Tutti malati di diabete o a rischio ischemico?

 

Ma una volta lo sport non lo faceva chi era di sana e buona costituzione fisica? Per il Cremlino sono casi isolati, non bisogna tentare di politicizzare lo sport. Per Prokop Clemens, presidente della federazione di atletica tedesca, la situazione in Russia non è cambiata: «Le condizioni per la partecipazione ai Giochi non sono state soddisfatte». Addio Rio?

 

2. IN 66 PRESERO IL MELDONIUM COSÌ FU CHIARO A BAKU CHE SI TRATTAVA DI DOPING

Cosimo Cito per “la Repubblica”

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La Wada ha iniziato a drizzare le orecchie sul Meldonium nel 2015, ma già nel 2012 voci, sussurri e grida su qualità e diffusione del farmaco prodotto in Lettonia avevano preso a girare nell’ambiente. Già durante i Giochi di Londra cinque Comitati olimpici dichiararono l’importazione nel Regno Unito di quantitativi della sostanza. Serviva, però, una sorta di pistola fumante per fare l’ultimo passo. Servivano numeri, dati certi, perché la sostanza passasse dalla lista delle “monitorate”, dove era inclusa dal 2015, a quella delle “proibite”.

 

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La Wada ha individuato allora uno degli eventi multisportivi più importanti dell’anno per numero e distribuzione geografica degli atleti. I Giochi europei di Baku 2015, la piccola Olimpiade secondo le enormi (e poi deluse) attese degli organizzatori, erano perfetti: quasi 6000 atleti, circa il venti per cento dei quali provenienti dall’Est europa, da quei paesi nei quali la sostanza è registrata e può essere prescritta per uso terapeutico (Russia, Ucraina, Georgia, Kazakistan, Azerbaigian, Bielorussia, Uzbekistan, Moldova, Kyrigizistan). In quell’occasione venne introdotto un nuovo marker per rintracciare proprio il Meldonium.

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Sui 762 atleti testati complessivamente, 66 (l’8,7% del totale) sono risultati positivi al farmaco, 13 dei quali poi sono finiti anche sul podio. Se, teoricamente, fossero stati controllati tutti i 5632 atleti impegnati nei Giochi, il numero degli epigoni di Maria Sharapova (ma anche del ciclista Vorganov, il primo sportivo in assoluto ad essere sospeso per positività al Meldonium) avrebbe potuto sfiorare i 500 casi.

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I dati di questa ricerca sono contenuti in uno studio pubblicato ieri sul “British Journal of Sports Medicine”. Sono ben 15 su 21 gli sport frequentati da chi assumeva Meldonium. Davanti a tutti la canoa velocità (15 casi), seguita da lotta libera (11), sport acquatici (9), ginnastica artistica (7). Solo badminton, scherma, calcio, judo, tiro e tennistavolo ne sono usciti del tutto puliti.

 

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Non sono state rese note le nazionalità degli atleti. Il lavoro di ricerca si basa sui test antidoping, ma anche sulle autodichiarazioni, a precisa richiesta, dei partecipanti, e infine sulle dichiarazioni rese dai Comitati olimpici. Solo due su 50 dichiararono di aver portato in Azerbaigian quantità di Meldonium.

 

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Il “carotaggio” è stato essenziale per comprendere le dimensioni del fenomeno. Allora la Wada ha deciso di procedere. E presto potrebbe toccare ad altre sostanze: una di queste, il Tramadol, un narcotico fin troppo utilizzato nel ciclismo per combattere i sintomi della fatica, potrebbe fare il grande salto, per così dire, nel 2017.

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