NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
1. HAMILTON, GUARDA CHI SI RIVEDE
Flavio Vanetti per il “Corriere della Sera”
Quando il Gp di Monaco placa la sua fame di incidenti (sette) e di safety car (una reale, allo start, per indirizzare la truppa sotto l' acqua, e quattro virtuali), rispunta il segno del comando della Mercedes ed emerge la sagoma di un campione che con un capolavoro si riprende da un momento delicato della stagione.
È Lewis Hamilton, un gigante della F1. «Non prego mai per vincere, stavolta l' ho fatto e ringrazio Dio. Quando le cose vanno male, è difficile crederci ancora. Sono umano, ho dovuto scacciare dei demoni». Li ha scacciati anche in Spagna dopo il crash con il compagno-nemico Rosberg quando alla Mercedes aveva parlato fin troppo chiaro: così non si può andare avanti.
Un avvertimento che ha prodotto ieri i suoi effetti, al 16° giro di gara quando Rosberg ha obbedito ad un ordine arrivato via radio: dare strada ad Hamilton. Nico Rosberg ha frenato, il suo vantaggio è sceso a 24 punti, meno di una vittoria. Il Mondiale è riaperto. La bussola di Lewis è questa: «Mai mollare: me l’ha insegnato papà ed è vero».
Trentun giri con le gomme da bagnato estremo, domando il loro degrado quando il sole ha scacciato la pioggia, e poi la seconda scommessa: fare gli altri 47 con le debuttanti mescole «ultrasoft», dalla resistenza sconosciuta. Azzardi e coraggio: niente gomme intermedie e avanti fino al momento delle slick.
Quarantaquattresima vittoria, il numero amato di Hamilton. Colpo grosso in questo Casinò dei motori che ha esaltato Perez (terzo, resistendo a Vettel), lasciato al verde un irriconoscibile Rosberg, stinto il rosso della Ferrari e consegnato il blu della Red Bull a un Verstappen stavolta disastroso (è finito contro un guard rail) e al secondo posto, ma dal sapore di sconfitta, di Ricciardo.
Avrebbe vinto Lewis, se la Red Bull non avesse rovinato Daniel con un pit stop fantozziano perché il pilota è stato chiamato ma non erano pronte le gomme supersoft? Forse no, Ricciardo era schizzato via dopo gli 8 giri dietro alla safety car. Lo sbaglio ha fulminato 10 secondi chiave e ha acceso la rabbia dell' australiano che non ha alzato la coppa e ha imprecato contro i suoi: «Giravano come polli, avrebbero dovuto essere pronti. Così fa male».
Non gli è bastato nemmeno l' elogio di Hamilton («È un fenomeno»): Daniel era così furioso da non contestare nemmeno una chiusura al limite dell' inglese: il suo podio è beffardo come quello doppio di Barcellona della Ferrari.
Lupus in fabula. La Rossa stavolta non ha avuto nemmeno la consolazione. Raikkonen s' è schiantato, Vettel prima non è riuscito a passare Massa sul bagnato e poi non ha coronato la risalita, pur ruggendo qua e là con le gomme soft (le stesse di Perez), scelta che il tedesco ha ritenuto corretta ma che, giudicando Hamilton e Ricciardo passati a mescole più morbide, magari è opinabile.
La Rossa vive un paradosso: è meno staccata dalla Mercedes rispetto al 2015, ma è meno convincente. E ha la Red Bull tra i piedi: un anno fa non c' era. Maurizio Arrivabene tra le pieghe del Mondiale vede spunti interessanti: ma senza una svolta, saranno altri ad acciuffarli.
2. RICCIARDO TRADITO DAL SUO BOX “INCREDIBILE, È LA SECONDA VOLTA”
Se ci fosse un dio della Formula Uno ieri avrebbe passato il pomeriggio appollaiato su qualche trespolo tra l’uscita del Tunnel e la Nouvelle Chicane, ad aspettare sotto l’acqua il passaggio di quei due matti che si prendevano a sportellate con gli alettoni distanziati di pochi millesimi di secondo; e sarebbe rimasto lì anche dopo i settanta giri di scintille, fumate, e scrosci di pioggia, ad applaudire il trionfo di Daniel Ricciardo, il miglior pilota del momento, e della sua Red Bull risorta.
E invece non c’è alcun dio pagano a sovrintendere gli affari minimi della Formula 1. E così gli sforzi del povero Ricciardo, applauditi da un platea televisiva di 500milioni di umani, sono stati frustrati da una scena dolorosa e comica. Nel momento chiave della gara, il primo pit stop, il suo team ha perso le ruote. Non le trovava più o non sapeva più quali doveva mettere (soft o intermedie?).
E quando lui, chiamato dal suo ingegnere di pista, è rientrato ai box, non ha trovato nessuno pronto a cambiargli le gomme. Una stazione di servizio sulla Cisa, alle due del mattino. Quindici imbarazzanti secondi, sono trascorsi invano prima che quattro meccanici vestiti di blu riuscissero a completare un’operazione che ormai i più lenti svolgono in tre secondi. Poi Ricciardo, bestemmiando via radio, è ripartito. Ma ormai era troppo tardi, perché nel frattempo Lewis Hamilton gli era passato davanti.
Il resto è stato un lungo, bellissimo, inutile inseguimento, una roba tipo Miami Vice ma per le strade del Principato, buono solamente ad affermare un concetto che in molti avevano comunque già chiaro: questi due, oggi, sono i migliori del mondo.
E la conferma arriva dalle parole del dopo gara. Hamilton, che nell’inseguimento ha fatto la parte della lepre, ha ancora la voce carica di adrenalina. Si è divertito come un bambino (anche perché alla fine ha vinto, riaprendo il suo mondiale) e non riesce a smettere di fare i complimenti al rivale: “Daniel ha guidato in maniera fenomenale.
E’ sempre stato attaccato alla mia macchina, mi ha messo una pressione incredibile. Ero lì a difendermi ma non sapevo da che parte avrebbe provato a passarmi. E’ stata forse la gara più difficile che ricordi. Ho un rispetto enorme per lui, uno dei migliori piloti contro cui mi è capitato di correre e non vedo l’ora di incrociarlo di nuovo. Sono certo che non sia contento di come è andata la sua gara, era in pole e avrebbe dovuto vincere, ma deve essere fiero di come l’ha corsa”.
In effetti Ricciardo non è contento. Ce l’ha con la squadra che per la seconda domenica di fila gli ha rovinato la gara. Oggi ha 66 punti in classifica, terzo a -40 da Rosberg. Senza gli errori del team, tra Barcellona e Montecarlo, avrebbe 98 punti e sarebbe secondo a -8. Insomma, è fuori di sé.
“Due gare di fila, due di fila continua a ripetere come certi spettri nelle opere di Shakespeare - Non riesco a dire altro. Eravamo primi, comodi comodi. Poi mi hanno chiamato, loro, nel box per mettere le slick e quando sono entrato non erano pronti. Mi sono fermato e ho visto tutti intorno alla macchina che si agitavano come polli sgozzati… Sono davvero deluso. Molto deluso”.
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