DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Alberto Costa per “Il Corriere della Sera”
Gli era già capitato da calciatore. Marco Van Basten aveva infatti salutato il Milan (e il calcio) per colpa di una caviglia di cristallo, la destra, che dopo averlo tormentato a lungo, lo aveva costretto ad abbassare la testa al culmine di un saliscendi di speranze e di delusioni. Il 17 agosto del 1995, nella sala dei trofei della storica sede di via Turati, l’annuncio non più eludibile: «La notizia che devo darvi è corta. Ho deciso di smettere di fare il calciatore. Grazie a tutti quanti».
Adriano Galliani, commosso come del resto certe vecchie lenze del giornalismo di allora, lo paragonò a Leonardo da Vinci «perché Leonardo era un eclettico, era tutto, ingegnere e artista». Marco aveva giocato l’ultima delle sue 201 partite con la maglia rossonera (scandite da 125 gol) più di due anni prima, il 26 maggio del ’93, a Monaco di Baviera, nella finale di Coppa dei campioni persa per 1-0 con il Marsiglia.
Ieri, 19 anni dopo, sempre di agosto, Marco Van Basten, nel frattempo trasformatosi in allenatore nonostante a Milanello ripetesse un giorno si e uno no che lui da grande non avrebbe mai fatto l’allenatore, ha di nuovo alzato bandiera bianca anche se, così pare, non in maniera definitiva.
Il sito dell’Az di Alkmaar, club della Eredivisie olandese presso cui il «cigno di Utrecht» si era accasato in questa stagione, ha infatti dato l’annuncio delle sue dimissioni temporanee. Il comunicato dell’Az parla di motivi di salute che, a detta del quotidiano «De Telegraaf», si sarebbero manifestati attraverso attacchi di palpitazioni cardiache.
«L’assenza di Van Basten durerà più del previsto — è scritto nella nota del club —. È in difficoltà a causa di problemi fisici che lo affliggono da un po’». A dire il vero l’Az ha contribuito ad amplificare i timori del pianeta calcio sulle condizioni di salute di Marco, tre volte Pallone d’oro ai tempi del Milan, cinguettando dal suo profilo Twitter: «Siamo vicini a Marco Van Basten e alla sua famiglia. I sintomi dei suoi problemi fisici sono gravi al punto da richiedere nuovi e più accurati controlli».
«Io con Marco ho trascorso le vacanze il mese scorso — si stupisce Roberto Donadoni, allenatore del Parma, ex compagno del genio olandese a bordo dell’astronave rossonera quando il Milan era il Milan e non quella confraternita di prestiti gratuiti e di parametri zero che è diventato oggi —. Insieme a Mauro Tassotti siamo stati quattro giorni in Sicilia per un torneo di golf e poi una settimana in Puglia a casa mia. Marco era in forma perfetta, nuotava e faceva immersioni».
E allora una spiegazione del giallo può essere davvero quella trapelata in queste ore in Olanda secondo cui la morte del padre Joop avvenuta il 13 luglio, all’età di 84 anni, sia alla base dei problemi dell’ex rossonero. Una sorta di reazione alla scomparsa di un personaggio centrale della sua vita: Marco era lo specchio di Joop, quello che lui avrebbe voluto essere da calciatore; Joop era la stella cometa di Marco, il suo continuo punto di riferimento.
Ai tempi del Milan non si perdeva una partita del figlio a San Siro e tante volte lo ricordiamo discreto spettatore agli allenamenti di Milanello. È dunque possibile che Marco, algido in apparenza, robot dell’area di rigore di quel Milan olandese attorno a cui la rivoluzione sacchiana divenne leggenda, sia entrato in depressione. L’augurio è che stavolta il cigno sia più forte dei suoi nemici invisibili.
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