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ROSSA SPIETATA - DALL’ALLEANZA COL TEAM HAAS AL DIRITTO DI VETO PER BLOCCARE UNA PROPOSTA DI TODT: TUTTE LE MOSSE DELL’“ASSASSINO MAGLIONATO” MARCHIONNE PER SFIDARE IL POTERE DI ECCLESTONE

FERRARIFERRARI

Marco Mensurati per “la Repubblica”

 

Cattiva, spietata, antipatica, e quindi temuta. No, non stiamo parlando della Juventus, ma della Ferrari. Anzi, più precisamente, della nuova Ferrari di Sergio Marchionne e Maurizio Arrivabene.

 

Dopo 12 mesi di cura, la trasformazione può dirsi completata, gli anni patinati, politici, compassati di Luca Montezemolo sono definitivamente alle spalle, e dalla prosa glitterata delle lettere «alle donne e agli uomini della Ferrari», si è passati ai diktat e ai veti con i quali il nuovo presidente sta terrorizzando non solo Maranello, ma l’intero paddock.

 

Se il cambiamento sia in meglio o in peggio lo dirà la pista. Per ora si può solo osservare come l’immagine del Cavallino sia oggi del tutto diversa. Il caso della Spy Story denunciata dalla Mercedes, al di là dei reali (improbabili) vantaggi in pista che ha portato al team italiano, è molto significativo.

MARCHIONNE ED ELKANN ALLA QUOTAZIONE FERRARIMARCHIONNE ED ELKANN ALLA QUOTAZIONE FERRARI

 

La Ferrari ha smentito di aver messo sotto contratto l’ingegnere che aveva trafugato i dati da Stoccarda, e sembra accertato che non una sola informazione sia arrivata a Maranello. Tuttavia resta plateale il nervosismo con cui la Mercedes ha messo in mezzo la Ferrari: «Avrebbe potenzialmente potuto trarre vantaggio», hanno scritto accusando senza accusare.

 

MARCHIONNE ALLA NIAFMARCHIONNE ALLA NIAF

Poche settimane prima, era arrivato un altro segnale di vita da parte del Cavallino. Una furbata in pieno stile Briatore o, se vogliamo, Ross Brawn. Roba comunque che non si vedeva da anni.

 

Si è scoperto che il dt James Allison aveva preso tutti in contropiede sfruttando la partnership con il team Haas (che essendo appena entrato in F1 non aveva limiti all’utilizzo della galleria del vento) e guadagnando, almeno così prevedono i tecnici, fino a mezzo secondo al giro grazie all’utilizzo - border line - della galleria del vento Usa.

 

Ma il vero colpo, Marchionne l’ha assestato a fine ottobre decidendo di usare il famigerato “diritto di veto” - un privilegio dal sapore medievale accordato dai contratti all’unica scuderia indispensabile per il Circus - per bloccare una proposta di Todt sui motori del 2017.

MERCEDES FERRARIMERCEDES FERRARI

 

«Va contro gli interessi della Ferrari», ha spiegato Marchionne. Il quale ha dimostrato di aver capito molto rapidamente la vera natura della F1, un “non sport” dove vince chi comanda. Non che Montezemolo non lo sapesse (ha vinto moltissimo) solo che lui cercava di comandare giocando di sponda. A un certo punto, però, non ci è più riuscito e la palla è tornata in mano a Bernie Ecclestone e agli inglesi che non gliel’hanno più fatta vedere.

ECCLESTONE MOSLEYECCLESTONE MOSLEY

 

Marchionne ha deciso di utilizzare un metodo più rustico. Ha battuto il pugno sul tavolo e da allora è diventato il principale nemico del potere della F1. Il cui assetto, oggi, è un muro contro muro: da una parte, come scrivono i siti inglesi, la Ferrari del «cardiganed assassin » (assassino “maglionato”) Marchionne in perfetta solitudine; dall’altra un cartello capitanato dall’highlander Bernie Ecclestone e composto dal presidente Fia Jean Todt, dall’eminenza nera, Max Mosley, e dal boss Red Bull Dietrich Mateschitz.

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«Il diritto di veto è come una pistola, bisogna usarla con attenzione», si è lamentato minacciosamente Todt, che quel diritto lo ha avuto in mano per anni e quindi sa bene quanto pesi. Il problema, però, è che quella pistola, ora, ce l’ha in mano Marchionne. E, per dirla con Ecclestone, uno così o lo disarmi o perdi.