stadio pallone sgonfio

SERIE A: SPROFONDO ROSSO! DEBITI PER 400 MILIONI, SPESE FOLLI E STADI DESERTI - TAVECCHIO: “GLI IMPIANTI DI PROPRIETÀ? PENSARE CHE PROVVEDANO I CLUB DA SOLI È UN’UTOPIA” - E POI LA SPARA GROSSA: “LA NAZIONALE È IL TERZO BRAND PIÙ IMPORTANTE IN ITALIA DOPO IL PAPA E LA BANDIERA TRICOLORE”

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Matteo Pinci per “la Repubblica”

 

Il calcio in Italia è un’azienda in perdita, e la serie A non fa eccezione. Anzi, traina il collasso. Viene da domandarsi come facciano i presidenti a sostenere una macchina che da anni produce debiti e fatica a farsi venire in mente idee nuove per fare soldi.

 

Il prezioso Report annuale firmato dalla società di revisione Price Waterhouse Cooper, l’agenzia di ricerche Arel e la Figc, dipinge un quadro sempre più preoccupante del football di casa nostra. «Il capitale di rischio investito dagli azionisti è insufficiente a sostenere quest’industria, il sistema ha necessità di essere finanziato», avverte Emanuele Grasso di PwC.

 

OLIMPICO DESERTOOLIMPICO DESERTO

L’obiettivo di emulare la Bundesliga, proposto da Tavecchio, stride con l’impossibilità di costruire stadi di proprietà: «Pensare che provvedano i club da soli è un’utopia se non ci sono le risorse — dice i presidente federale — nessuno può indebitarsi per queste opere e io da bancario non concederei un fido a chi offrisse come garanzia reale uno stadio, che può essere utilizzato solo per il calcio. Serve una legge che preveda l’intervento della Cassa depositi e prestiti e il sostegno dello Stato».

 

Nell’azienda calcio i costi continuano a aumentare e superano regolarmente ricavi e valore di produzione. Specchio della situazione è il vertice della piramide, la serie A dei giganti, del miliardo e 32 milioni di diritti televisivi incassati su base annuale. Ma che nonostante tutto ha l’acqua alla gola. Il bilancio del massimo campionato nel 2014-15 è in rosso per 379 milioni, perdita superiore da sola a quella di tutto il movimento calcistico italiano nella stagione precedente.

 

hondahonda

I calciatori sono sempre più cari, le squadre hanno speso in media 65 milioni ognuna per i loro stipendi. Crescono tutti i costi di produzione: praticamente, ogni club ha sborsato 10 milioni in più dell’anno precedente. La timida ripresa dei ricavi da stadio e da sponsorizzazione, aumentati più o meno del 15%, continua a non coprire le spese, e l’indebitamento ha già superato il 100 per cento (in crescita i debiti finanziari, spia della mancanza di liquidità propria).

 

A tenere in vita la serie A sono soltanto i contributi delle tv, da cui dipende totalmente, e più di qualsiasi altro campionato in Europa: ogni 100 euro che entrano nelle casse dei club, 58 arrivano dai diritti televisivi. Nemmeno le plusvalenze del calciomercato, crollate di 110 milioni in un anno, aiutano più a tenere la linea di galleggiamento. In Germania le tv coprono un terzo dei ricavi.

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«Non si possono produrre solo debiti — avverte Tavecchio — ma bisogna creare risorse e per farlo sono necessarie le riforme, partendo dalla riduzione delle società professionistiche. È un anno che aspetto che le leghe si mettano d’accordo». Intanto sono diminuiti i calciatori professionisti, da 14 a 12mila in 5 anni. Gli stadi italiani sono pieni solo per il 55%, lasciando invenduti ogni anno 8,4 milioni di biglietti, sei volte in più di Inghilterra e Germania.

 

Sul piano dei conti, restano i numeri positivi degli azzurri che nel 20156 hanno incassato, con tutte le rappresentative, 35,1 milioni solo dai diritti tv. «La Nazionale è il terzo brand più importante in Italia dopo Papa Francesco e la bandiera tricolore », dice Tavecchio, con eccesso di entusiasmo.

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