LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO-…
Andrea Sereni per www.corriere.it
Dalla finestra sigillata del Park Hotel di Melbourne Novak Djokovic saluta le persone che all’esterno manifestano per lui. Con le mani disegna un cuore, si intravede dal vetro appannato. «Grazie a tutte le persone che nel mondo continuano a darmi il loro sostegno. Riesco a sentirlo e lo apprezzo enormemente»: sono le sue prime parole, tramite una storia su Instagram, da quando ha annunciato che sarebbe partito per l’Australia con un’esenzione al vaccino .
hotel di quarantena australiano
Il migliore tennista al mondo è ancora rinchiuso nell’albergo che il governo australiano utilizza per ospitare i rifugiati: ci rimarrà fino (almeno) a lunedì, quando il giudice Anthony Kelly valuterà il ricorso contro la sua espulsione dall’Australia. Non gli è stato permesso di trasferirsi nell’appartamento che aveva affittato, dove si trova il suo team.
proteste pro djokovic in serbia
Le bandiere della Serbia, tanti i tifosi presenti (alcuni sono stati arrestati), colorano il marciapiede che circonda il Park Hotel, una struttura di 107 camere — da qualche ora ospita anche la tennista ceca Renata Voracova, che pure si è vista cancellare il visto d’ingresso per una esenzione medica non ritenuta valida — alla periferia di Melbourne (circa tre chilometri dalla Rod Laver Arena) che dal dicembre 2020 è utilizzata dal governo australiano come parcheggio per i richiedenti asilo (al momento ce ne sono 36).
dijana srdjan e djordje djokovic
Durante la prima ondata Covid nell'hotel, all'epoca si chiamava Rydges on Swanston, ci finivano i positivi in quarantena. Acquistato nel settembre 2020 dal gruppo Pelligra per 35 milioni di dollari, l'albergo è diventato terra per i rifugiati.
Un casermone grigio dove tra ottobre e novembre c'è stato un focolaio Covid, con oltre la metà degli ospiti positivi, e nei pasti capita di trovare dei vermi. «È una prigione definitiva. Siamo chiusi nella nostra stanza in questo edificio e non c’è una scadenza — lo sfogo di Mehdi Ali, un ragazzo iraniano di 24 anni richiedente asilo da mesi parcheggiato al Park Hotel e da nove anni in Australia —. Quando scoppia un incendio ci portano tutti nell’atrio ma non fuori dall’edificio».
Ishmael, un altro «detenuto», spiega al Guardian che lui, come altri, è trattenuto «in un posto senza aria fresca, senza luce solare», senza potersi muovere se non nelle stanze a loro adibite. Il 23 dicembre dopo un altro incendio una persona è stata portata in ospedale per il troppo fumo inalato. Da quel giorno gli ospiti del Park non possono utilizzare la palestra o accedere alla terrazza per fumatori.
«Spero che Djokovic parli pubblicamente delle condizioni in cui siamo costretti a vivere», dice un altro dei richiedenti asilo, il bengalese Jamal Mohamed. C’erano già state proteste in passato da parte di chi chiedeva di far chiudere la struttura, finita al centro di un’indagine della Commissione per i Diritti Umani.
«Djokovic non è detenuto. Può lasciare il Paese quando vuole e la polizia di frontiera farà di tutto per agevolare la sua partenza», ha detto la ministra degli Interni australiana Karen Andrews, come in risposta alle dure parole dei genitori di Nole, che in una conferenza stampa hanno paragonato il figlio a «Gesù Cristo che hanno crocifisso e umiliato».
La moglie Jelena ha invece cercato di riportare il dibattito su binari meno rumorosi: «Sto cercando di respirare profondamente per mantenere la calma e cercare di comprendere quello che sta accadendo — ha scritto su Twitter —. Credo che l’unica legge che tutti debbano rispettare, attraverso qualunque confine, sia quella dell’amore e del rispetto per gli esseri umani. Amore e perdono non sono mai un errore ma una grande forza».
Nadal lo ha chiamato ad assumersi le proprie responsabilità, l’australiano Kyrgios (che di certo non è il suo primo estimatore) lo difende :«Sia io che la mia famiglia ci siamo vaccinati per difendere noi stessi e il prossimo, ma il mondo in cui l’Australia si sta comportando con Djokovic è davvero pessimo. Lui è uno dei più grandi campioni di sempre, e soprattutto è un essere umano». Solidarietà è arrivata anche dall’americano Isner e dal canadese Pospisil, il numero 3 Zverev ha invece ammesso che «ci sono altri cinque giocatori che hanno ricevuto l'esenzione, ma non conosciamo i loro nomi».
Nel giorno del Natale ortodosso Novak ha ricevuto la visita di un sacerdote della chiesa serba della Santissima Trinità di Melbourne, il decano Milorad Locard: «L’intera situazione è spaventosa: è assurdo che Nole abbia trascorso il Natale in punizione».
Dovesse essere cancellato il suo visto, Djokovic rischia di perdere il trono del tennis (non giocando il primo Slam dell'anno Medvedev può superarlo al primo posto del ranking) e di non poter fare più ingresso sul territorio australiano per i prossimi tre anni: «La legge locale è molto rigorosa in termini di politiche di immigrazione — ha spiegato la professoressa di diritto pubblico all'Università di Sydney Mary Crock —, e questa è la pena prevista per chi viene trovato in possesso di un permesso irregolare».
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