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ECCEZIO-NOLE! PARIGI VAL BENE MEZZO SLAM - DOPO 3 FINALI PERSE, NOLE DJOKOVIC SUPERA MURRAY E CONQUISTA IL ROLAND GARROS - SPEZZATO IL TABU’ PARIGI, ORA “DJOKO” VA A CACCIA DEL GRANDE SLAM - IL BALLETTO FINALE CON LE RACCATTAPALLE

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Gianni Clerici per “la Repubblica”

 

Parigi alla quarta volta Nole Djokovic ce l' ha fatta. Era arrivato alla finale nel 2012, ma aveva trovato un Nadal che aveva quasi acquistato lo stadio, alla sua settima vittoria. Ci aveva riprovato due anni dopo, ma ancora aveva incontrato il padrone del Centrale, l' inventore di un nuovo sistema sui campi rossi, il sistema di far saltare la palla non solo sopra la testa dei giudici di linea, ma all' altezza dei bei signori con la cravatta, in tribuna d' onore.

 

Testardo com' era, convinto sino all' illusione da otto Slam vinti altrove, si era riprovato l' anno scorso, questa volta contro un tipo diverso dal Mostro, un bellissimo tennista che sembrerebbe d' altri tempi, se indossasse pantaloni lunghi di flanella invece di mutande da spiaggia. Ma anche lì gli era andata male, perché Wawrinka era stato visitato dallo Spirito di Gottfried Von Cramm, ed era esploso in una serie di sublimi Winners .

 

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Questa volta Nole aveva avuto una fortuna legata prima al polso di Nadal che al proprio. Allontanato l' incubo, era arrivato qui con tre Slam biennali consecutivi, peraltro invalidati dalla definizione di Grandi da un' antica votazione promossa dal defunto Clerici, e firmato dall' ottanta per cento degli scribi, ai tempi della Navratilova.

 

Era arrivato pieno di speranze, con risultati sul rosso inadeguati, una sconfitta da un ignoto Vesely a Montecarlo, un' altra a Roma con Murray propiziata da un' uscita notturna.

 

Aveva addirittura riscosso le simpatie dei maggiori esperti di tennis, il sindacato dei bookmakers, che l' avevano offerto favorito, ribadendo la preferenza all' inizio della finale, a uno contro tre, mentre il suo avversario Murray era cinque contro due. Non solo per questo mi ero spinto a darlo alfine favorito, nonostante le tre finali perdute negli scorsi anni non lo incoraggiassero certo in quella di ieri.

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Avevo preso coscienza dei miglioramenti di Murray, e della sua capacità di non credersi in alcun modo inferiore anche nelle sue tre partite iniziate in svantaggio, nel torneo attuale. Ma non mi pareva che lo scozzese fosse migliorato tanto da potersi imporre in un best of five ad un tipo che corre più di lui, gioca più lungo di lui, accorcia meglio di lui. Proprio per questo l' avevo confermato ieri, e sono lieto di non aver sbagliato, come è mia antica abitudine di confessare.

 

Il match era peraltro iniziato in modo da non confortare le mie certezze, ma da renderle invece un pochino meno sicure.

 

Murray aveva servito migliori percentuali e soprattutto era riuscito a tenere più lunga la palla, che non veniva quasi mai colta al volo da entrambi, ma piuttosto accarezzata con smorzate assassine. C' era stato, a favore dello scozzese, nel salire 4 a 1, un parziale di 16 punti a 4, che dopo averlo issato a 5-2 lo aveva condotto 6 a 3, nonostante una punizione, un warning , del tutto immeritato da Nole, assegnato da un arbitro mediocre, Franck Sabatier.

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Dalla fine del primo set, sarebbe cominciata la partita di Djokovic, quasi quell' inizio fosse divenuto un handicap, valido nei numeri ma non per l' immediato futuro. Nole avrebbe via via guadagnato due metri di campo, allungato le sue traiettorie, costretto Murray a un involontario atteggiamento difensivo, a 15 punti contro i suoi 29 nel secondo set, 21 a 31 nel terzo. Il 5-2 di vantaggio al quarto avrebbe tardato a concludersi, e per la grande dignità di Murray e per un' incertezza momentanea di Djokovic, trattenuto all' idea di vincere finalmente un torneo troppe volte sfortunato.

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Il trofeo, mentre finalmente si accendeva in cielo un raggio di sole, il primo in questi giorni di alluvione, gli sarebbe stato consegnato da Adriano Panatta, l' unico dei nostri con Nicola Pietrangeli capace di trionfare a Parigi. Un magnifico istante che mescolava passato a presente.

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