DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Mario Sconcerti per il “Corriere della Sera”
L'Italia del dopo Wembley è sufficiente nella gestione normale, quasi assente per insistenza e carattere. D'altra parte le partite vanno seguite per quello che sono, una dopo l'altra, l'insieme arriva solo alla fine del percorso.
Questo è un altro torneo, un'altra epoca, dove siamo sempre a buon punto ma non i ragazzi cattivi che eravamo due mesi fa. Troppi errori stavolta, errori tecnici, nei passaggi, nei movimenti, nelle conclusioni.
Quando sono così tanti gli errori commessi da giocatori che di solito non sbagliano, vuol dire che si sono abbassate le difese, si gioca dentro un'aria condizionata, senza più atmosfera. Capita spesso dopo un trionfo. Dopo il Mondiale nell'82 facemmo un'amichevole all'Olimpico contro la Svizzera a fine settembre: era una celebrazione, perdemmo 3-0. Detto che non è troppo importante, è giusto in serate sottili chiedere di più anche a Jorginho.
Non ha giocato un pallone negli ultimi venti metri, si è tenuto tutto il facile. Così così Barella, come si chiedesse da solo chi sono e dove vado. Male Florenzi contro il giocatore migliore della Bulgaria, Despotov, che lo salta e mette al centro per l'unico tiro in porta avversario. Ma Acerbi è dietro il suo attaccante, gli lascia intero l'anticipo. In campionato non accadrebbe. Continua a crescere invece Chiesa, è ormai un giocatore diverso, potenzialmente decisivo sempre.
È lui l'unico attaccante reale dell'Italia, non Immobile, tagliato fuori dal lungo palleggio amico ai limiti dell'area, non Insigne, fuori misura. In fondo a tutto avremmo comunque dovuto vincere, ma non avrebbe aggiunto molto.
Credo fosse un prezzo da pagare alla grande estate vissuta. Mettiamola così. Trovo ingiusto discutere troppo di un pareggio a settembre, il nostro mese peggiore negli ultimi cinquant'anni perché, da sudisti d'Europa, cominciamo sempre a giocare dopo tutti gli altri. Diciamo che non eravamo in condizione. Non dimenticando di andare subito a rintracciare la vecchia voglia di vivere calcio che è stata la vera spinta per vincere.
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