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Gigi Garanzini per “La Stampa”
Dove sta Zazà? Sta al Sassuolo, con tutto il rispetto, e questo è un altro segnale che nel calcio italiano c’è davvero qualcosa che non torna. Perché non ha diciott’anni anni, l’età in cui il pane duro della provincia può non guastare. Ne ha 23, e se si muove in campo internazionale con la personalità di un veterano non è da escludere che saprebbe farlo anche nel nostro povero campionato in squadre di ben diverse ambizioni. Non ha l’accento, ecco il vero problema. Se davvero si chiamasse Zazà, se il suo fosse un nome d’arte e le origini brasiliane...
Invece Zaza è di Policoro, provincia di Matera, e così il suo sbarco in maglia azzurra dopo le stagioni d’esilio alla Juve Stabia, al Viareggio, all’Ascoli, ha il profumo del miracolo. Come il suo primo gol in nazionale, frutto di una gran giocata così come di una deviazione galeotta, per tacere del fuorigioco di posizione di Immobile. Ma che ha giustamente premiato una partita a tutto tondo, con e senza palla, negli spazi come nel dialogo stretto. E un finale in strepitoso crescendo, quando prima la traversa e poi il salvataggio sulla linea di un avversario gli hanno negato una strameritata doppietta, non certo la palma del migliore in campo. La seconda in due partite, non male davvero per un debuttante che secondo i cultori del calcio-marketing avrebbe forse avuto l’onore, prima o poi, di portare le valigie al fenomeno Balotelli.
È un’Italia giovane, fresca, il cui merito maggiore è stato quello di aver saputo resettare in questi cinque giorni i tanti elogi che avevano salutato il vittorioso debutto con l’Olanda. Quello era calcio accademico, perdipiù facilitato dall’immediata superiorità numerica, questo di Oslo è calcio da tre punti dove nessuno ti regala un centimetro né, tantomeno molla prima del tempo come Snejider e i suoi boys. Ma mordono anche gli azzurri, eccome se mordono, dal primo all’ultimo minuto.
Con i due esterni che si muovono da ali assai più che da terzini. Con i due interni che si saldano alla chioccia De Rossi quando la palla la muovono gli altri, ma sono i primi a fiondarsi negli spazi non appena la squadra la riconquista. Con quei tre difensori che presi individualmente non sono il massimo della rassicurazione. Ma protetti da De Rossi e dai rientri di un po’ tutti gli altri, attaccanti compresi, non solo concedono assai poco: ma alla fine, grazie a Bonucci, arrotondano il punteggio. Punti preziosi, partita di sostanza. Con qualche raro passaggio a vuoto, e ben più frequenti sensazioni di prospettive interessanti.
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