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Giancarlo Dotto per Dagospia
Disastro totale. Fuori anche la Lazio. Presa a schiaffi all’Olimpico come nemmeno una squadretta uzbeka. Da chi? Dallo Sparta Praga, leader di una nazione calcistica che ha una remota tradizione ma un presente nemmeno paragonabile al nostro, per movimento, risorse, qualità tecnica. In Europa siamo meno di una cacca di mosca. Questa è la verità.
Per farci ancora più male, invece di smorzare qualunque cosa raccontasse di calcio, ci siamo messi, di seguito, masochisticamente, a vedere Manchester United-Liverpool, match di qualificazione dell’Europa League, ma sembra una finale. Coutinho, lo ricordate, smammato dall’Inter come una sega, un fenomeno a Liverpool. Giuro.
Ma è lo stesso sport? Intensità mostruosa, gesti tecnici e agonismo barbaro. Rovesciamenti di campo mille all’ora. Sono dopati? Viva il doping. Il loro doping è che ci credono, hanno un contesto intorno e il contesto vuol dire senso. Lo stadio. Ribollente. Di là, la malinconia assoluta, i tuoi tifosi per primi che cominciano a prenderti per il culo appena le cose non vanno, di qua, all’Old Trafford, che si moltiplicano nella difficoltà, spalmati giocatori e tifosi nello stesso sangue e nella stessa sorte. Meraviglioso. Non è una differenza, è un abisso.
La Juventus resta l’unico nostro club presentabile al mondo. Ma anche la sua mezza impresa, a Monaco, giocando nella più limpida tradizione italianista del “controtempo”, ha avuto il respiro corto. Settanta minuti. Poi il crollo. Il resto, deserto. Fuori Napoli e Fiorentina che, nel nostro cortile di provincia spopolano.
Fuori la Roma che, quando passa il confine, si avverte infinitamente piccina, anche se ora con il titanico Spalla sembra poter invertire la tendenza. Milan e Inter nemmeno pervenute. E l’anno che verrà non sembra migliore, mentre i coefficienti europei diventano sempre più meschini.
Serve altro per trascrivere il default di un intero sistema? Cos’è un progetto suicida di sparizione? Vogliamo parlare della Nazionale? Stiamo andando a giocare l’Europeo con probabile, ennesima figuraccia incorporata e un allenatore che ci ha già dato il benservito, a favore di un club milionario del calcio inglese. Breve l’esperienza azzurra, ma sufficiente per disgustarlo. E con molte ragioni.
Vivai inesistenti e, quando esistono, traffici “strani”, fetore irrespirabile, stadi cadenti, per lo più abitati da feccia malmostosa, dirigenti inadeguati, un calcio di palloni gonfiati tra la vanità televisiva e quella del lucro, dominato dai signori della tangente. I procuratori dettano legge.
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Le società fanno lobby oscure con i padroni dei diritti televisivi. I calciatori svogliati ti fanno un favore, quando fuoriescono dalle loro enormi cuffie, dove più che ascoltare posano. Vorrei parlare della federazione, ma non ci riesco. Se mi dico e vi dico che da lì, dalla faccia di Tavecchio, dovrebbe partire l’inversione di tendenza, mi sento sommerso da una gigantesca risata. Il primo sono io.
Tavecchio o chi per lui. La mediocrità è un virus e noi siamo molto malati. La soluzione? Spazzare via gli omuncoli e affidare anche il calcio, come il resto, alle donne. Loro non hanno qualcosa da mostrare sotto la patta. Magari si scannano, ma sono pulite.
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