DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
Alessandro Bocci per il “Corriere della Sera”
ROBERTO MANCINI DOPO ITALIA MACEDONIA
La cinquantesima panchina azzurra di Roberto Mancini è un po' come fosse la prima, un nuovo esordio, perché il futuro è adesso. Il c.t. ha l'urgenza di ripartire e mettersi alle spalle i ricordi dolci e anche quelli dolorosi.
Nello stadio Dall'Ara, che lo ha visto esordire sedicenne, cerca di ritrovare la vecchia magia contro la Germania, che è tra le più forti del reame ed è un po' il nostro derby, la Partita per eccellenza, il 4-3 da cineteca all'Azteca nel '70 o la semifinale del 2006 a Dortmund.
L'ultima volta che li abbiamo battuti è stato nella semifinale degli Europei del 2012 con Cesare Prandelli in panchina e il miglior Balotelli di sempre. «Per me Italia-Germania è la finale dell'82, ero in serie A da appena un anno e avevo fatto parte del listone dei 40 di Bearzot. E invece ho fatto un tifo indiavolato da casa», il pensiero di Mancio.
Oggi lo scenario è diverso. La terza edizione di Nations League è l'inizio di un ciclo che l'allenatore azzurro ha fretta di aprire con tutte le incognite del caso. La sconfitta con l'Argentina ha lasciato il segno e tre giorni dopo Mancini è pronto a rivoluzionare l'Italia: «Ne cambio dieci, forse anche venti...».
Della squadra spazzata via a Wembley contro i marziani Messi, Lautaro e Di Maria potrebbe restare solo Donnarumma. Florenzi sarà il capitano, Spinazzola tornerà titolare dopo il grave infortunio contro il Belgio, i centrali saranno Acerbi e Bastoni, mentre a centrocampo toccherà a Tonali, Cristante e Locatelli. Inedito anche il tridente Politano-Scamacca-Pellegrini.
«So che cambiando così tanto ci prendiamo dei rischi, ma non possiamo più aspettare. Se dovesse andare bene, anche solo a livello di gioco, sarebbe un bel segnale». Il timore, in un girone terribile con l'Inghilterra e l'organizzata Ungheria di Marco Rossi, è infilare una serie di brutte figure da qui a metà giugno.
Mancini ammette che contro l'Argentina l'Italia è stata minima: «È la prima volta negli ultimi tre anni e mezzo che ci mettono sotto». Siamo in fase di ricostruzione «e servirà tempo», dice il tecnico. Ma il tempo nel calcio è un concetto effimero e questa finestra di giugno potrebbe trasformarsi in una trappola visto che il piazzamento nei gironi di Nations determinerà le fasce per il sorteggio delle qualificazioni europee, il 9 ottobre a Dortmund. Quindi c'è urgenza di frenare la caduta e rimettersi in linea di galleggiamento.
«La magia si ritrova con il duro lavoro e le vittorie», spiega Cristante che erediterà il posto di Jorginho. Il filo conduttore della rinascita «dovrà essere il gioco. Ma anche la personalità e la tecnica». Mancini non nasconde le preoccupazioni per l'attacco che è sempre stato il reparto più fragile di questa Nazionale senza centravanti: «Il problema è aperto perché per vincere bisogna fare gol.
Dietro Belotti e Immobile c'è solo Scamacca, che non ha nessuna esperienza a livello internazionale. La speranza è che qualcuno dalla serie B venga in A e cominci a segnare». Intanto bisogna frenare l'emorragia di sconfitte, tre nelle ultime 10 partite, due nelle ultime tre. Mancini, per il momento, non è sotto esame: «Sento fiducia e l'ho sempre sentita, però so bene come vanno le cose nel calcio: sono tutti con te quando vinci e tutti contro di te quando perdi». Anche per questo deve riappropriarsi in fretta della sua squadra.
ITALIA ARGENTINAITALIA ARGENTINAITALIA ARGENTINA di mariameme su roberto mancini
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