IL DRIBBLING, QUESTO SCONOSCIUTO - DIMENTICATEVI BRUNO CONTI O MARIO FARA, GLI ITALIANI NON SANNO PIÙ DRIBBLARE - NELLA CLASSIFICA DELLA SPECIALITÀ I PRIMI 15 SONO STRANIERI: IN TESTA GERVINHO E VAZQUEZ

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Gianni Mura per “la Repubblica”

 

gol di salah alla juventusgol di salah alla juventus

Molti si chiedono: ma come ha fatto Mourinho a non capire quant’è bravo Salah? E Ferguson con Pogba, allora? Anche i migliori possono sbagliare, così come la miglior difesa italiana, quella della Juve, sembra esaltare gli avversari alla ricerca di gol da cineteca: dopo Bruno Peres nel derby, Salah in Coppa Italia. L’elemento-chiave è la velocità. Quella sul primo scatto di Salah, impropriamente secondo me paragonato a Messi, di cui non ha il fisico brevilineo né i movimenti.

 

Del primo Ronaldo, semmai, e solo in avvio, non in progressione. Ronaldo aveva un fisico impressionante, Salah è un normolineo che definirei una miscela tra Rocco Pagano e Arjen Robben. Il primo, fiorito nell’allegro Pescara di Galeone, è l’attaccante che ha messo più in difficoltà Paolo Maldini, parola dello stesso Maldini. Il secondo lo conoscono tutti. C’è una doppia velocità in Salah. Una è sua, naturale.

 

L’altra è quella con cui è entrato nel campionato italiano. Il giocatore c’è, ma bisogna dargli il tempo di adattarsi alla nostra realtà, al nostro calcio: è una frase sentita un’infinità di volte, per acquisti che venivano da altri campionati, africani o sudamericani o anche più vicini all’Italia: per Platini, per Prohaska, per Bergkamp, ancora oggi per Kovacic.

 

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Salah, ricapitolando, è prelevato dal Chelsea all’ultima ora, nell’ambito della cessione di Cuadrado, che a Londra deve ancora adattarsi al loro calcio. Salah arriva a Firenze il 2 febbraio, esordisce in viola l’8, il 14 segna il suo primo gol italiano al Sassuolo e poi non si ferma più. Ci prende gusto e con una rete contribuisce all’eliminazione del Tottenham. Ora, con tutto il rispetto per le idee di Montella e gli schemi che chiede ai suoi di attuare, credo che la velocità di adattamento dipenda essenzialmente dall’intelligenza calcistica del singolo giocatore.

 

Appena arrivato in Italia Salah ha capito che poteva mettere a frutto le sue armi migliori: la velocità e il dribbling. Poi è chiaro che occorre anche qualcos’altro: saper tirare, saper tornare altrimenti il mister va in ebollizione. Benvenuto Salah e bentornato dribbling, questo sconosciuto. La Stampa, qualche settimana fa, ha pubblicato una serie di tabelle da cui risulta che gli italiani sono quelli che dribblano meno.

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I primi 15 sono stranieri: Gervinho e Vazquez con una media di 3,5 dribbling azzeccati per partita, poi Kovacic (3,3), Perotti e Ibarbo (3,2), Dybala (2,9), l’ex Cuadrado (2,7), Anderson (2,5), Guarin e Pogba (2,4), Menez (2,1), Allan, El Kaddouri, Tevez e Maksimovic (1,9). A quota 1,8 i primi italiani: Brienza, Sansone e Verdi. Un italiano con percentuale più alta(2,1): è Verratti che gioca nel Psg. Nei maggiori campionati, Hazard 4,6 in Inghilterra, Bellarabi e Choupo-Moting 4,4 in Germania, Messi 4,2 in Spagna, Lucas 3,9 in Francia.

 

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In Italia gli italiani dribblano poco. Non sanno o non devono? Tutt’ e due le cose. In un calcio sempre meno tecnico si perdonano molte cose, forse troppe: un lancio sbagliato di venti metri ( parola d’ordine: applaudire il compagno che sbaglia, è ridicolo ma evita, alla fine, domande ridicole sulla coesione del gruppo), un tiro in porta che finisce sul secondo anello, ma un dribbling fallito no, è imperdonabile. Non userò la parola fantasia, che per molti tecnici è quasi una parolaccia. Ma il dribbling, che richiede intelligenza e non incoscienza, è una delle più apprezzate manifestazioni di spettacolo, un’assunzione di responsabilità inviduale e, infine, uno dei modi più diretti per realizzare la superiorità numerica.

 

Non abbiamo molti bravi dribblatori, che è diverso da dribblomani, e di conseguenza non abbiamo difensori ben attrezzati contro bravi dribblatori. Tra i tanti impoverimenti, questo è il più vistoso. Se n’è accorto sùbito l’ultimo arrivato, Salah, e s’è regolato di conseguenza. Molto bene per la Fiorentina, ma può essere un bene per il nostro calcio in generale, a partire dalle squadre giovanili, se prenderà atto della lacuna. Nella specializzazione del dribbling, Salah è aiutato dalla velocità.

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Ma ho visto dribbling riusciti anche a ritmi più bassi. Ricorderò due calciatori con la pancetta, Ferenc Puskas e Mario Fara. Il primo più famoso del secondo, ma io stravedevo per Fara. Che a Bari, per le dimensioni, i tifosi chiamarono Transatlantico o, in dialetto, u Grèss. Non ero il solo a stravedere per Fara. Durante un Bari- Juventus del 1970 Sandro Ciotti, che di calcio capiva parecchio, lo definì “giocatore dal tocco vellutato e dal palleggio delizioso”. È morto 10 anni fa, non ancora sessantenne.

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E, a proposito di dribbling, 60 anni festeggerà in settimana Bruno Conti. Auguri. Se è vero che Francesco De Gregori ha pensato a lui scrivendo la canzone sulle spalle strette e la maglia numero 7, segnalo ai degregoriani, quindi anche a me stesso, un bel libro di Enrico Deregibus, edito da Giunti: “Mi puoi leggere fino a tardi”, 351 pagine. Tutto quello che avreste voluto sapere su De Gregori ma non avete mai osato chiedergli.

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