
DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA…
Federico Pistone per il "Corriere della Sera"
Un lamento lungo tre anni. Ibrahimovic, un fenomeno che sbaglia sempre squadra quando è il momento di vincere la Champions, non ha ancora smaltito quell'addio al Barcellona. E non smette di mordere Guardiola, che allora, tecnico dei blaugrana, gli fece personalmente le valigie e gli convalidò i biglietti per l'altra Milano, quella rossonera. Dopo che in nerazzurro Ibra aveva messo via tre scudetti ed era scappato in Spagna «per vincere il torneo più importante», che invece conquistò la sua contropartita Eto'o proprio con l'Inter.
L'astioso sfogo è stato ripreso dal settimanale tedesco Der Spiegel che mescola vecchie e nuove dichiarazioni dell'attuale bomber del Psg tanto per tenere vivo l'ambiente alla vigilia della sfida di Champions tra i detentori del Bayern del Pep e il Manchester City.
«Guardiola non ha le palle», riferisce Ibra nella sua sobria dialettica. «Non è un uomo, è un codardo». Poi circostanzia: «Quando ero al Barcellona decise di sacrificarmi per Messi e non ha avuto il coraggio di dirmelo. Leo - riconosce generosamente - è un giocatore brillante ma io segnavo più gol». Affermazione difettosa, visto che l'argentino in quell'annata realizzò 47 gol in 53 gare, mentre Ibra si fermò a 21 su 45, e nel computo di carriera Messi tiene una media di 0,8 reti a partita contro lo 0,5 del pur prolifico svedese.
Che aggiunge una curiosa metafora made in Italy: «Chi mi compra, compra una Ferrari e chi compra una Ferrari mette la benzina super e la guida a pieni giri in autostrada. E invece Guardiola ha alimentato la Ferrari col diesel e ci ha fatto un giretto in campagna. Tanto valeva comprarsi una Fiat».
L'allusione pesca dalla realtà . Nella sua autobiografia, Ibra ricorda di quando gli era stato vietato di recarsi all'allenamento in Ferrari, perché il club catalano aveva imposto l'utilizzo di auto «non vistose». E lui arrivò a definirlo un «clima monastico». Poi spiega le sue prestazioni dimesse: «Peso cento chili e Guardiola voleva farmi correre su e giù per il campo. Dopo quattro o cinque partite mi stanco. Mourinho era diverso. Sarei morto per lui. à fantastico, molto intelligente, un motivatore incredibile. E poi non ha bisogno di recitare. Affronta di petto le situazioni difficili mentre Guardiola le evita».
E affonda un ultimo tackle da rosso: «à andato al Bayern perché è una squadra che funziona anche senza di lui, completa: ha anche portato nuovi giocatori di cui non ha bisogno». Guardiola tace, parla Uli Hoeness, presidente dei bavaresi: «Siamo del tutto soddisfatti del lavoro di Pep. Ibrahimovic è come una prima donna frustrata, non ha mai superato davvero il suo addio al Barcellona. Nessuna squadra è stata mai felice con lui, porta sempre problemi».
E anche qualche gol.
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