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Gianni Mura per “la Repubblica”
Un episodio così avvilente non s’era mai visto, in un secolo abbondante di Tour: un bicchiere di piscio buttato in faccia a un corridore. Che poi il corridore sia Froome, la maglia gialla, rende più cupe e profonde le motivazioni del gesto, che mi guardo bene dall’imputare ai francesi che s’incazzano, come nella famosa canzone di Paolo Conte.
Qui, nello studio e nella messa in atto, è la giustizia popolare ( presunta) che colpisce un imbroglione. E’ il colpo è peggio d’un pugno, peggio di uno sputo. Froome non mi fa impazzire, ma credo che sia giusto, nel ciclismo e nel giornalismo, che le accuse siano sostenute da prove. L’episodio non viene raccontato in tv, lì Froome parla della tattica adottata con Quintana («mi bastava stargli dietro») dello sprint finale («se posso rosicchiare qualcosa, lo faccio»), di quello che s’aspetta sulle Alpi («il più pericoloso è Quintana»). La denuncia arriva dopo, nella zona mista. Se prima era tutto un sorriso, perché si sforza di essere simpatico, stavolta l’espressione è molto seria e le parole, com’è logico, non leggere.
Dice Froome: «Sono disgustato. A una cinquantina di km dalla partenza una spettatore mi ha gridato dopato e mi ha tirato in faccia dell’urina. Non merito questo trattamento, nessuno in gruppo lo merita. Credo che alcuni media abbiano superato il limite raccontando il Tour in modo poco professionale, seminando sospetti e accuse. Questi sono i risultati. Non sto criticando il pubblico del Tour, perché la larghissima maggioranza tifa in modo sano. Ma c’è una minoranza di esaltati che semina odio».
Minoranza perché i casi denunciati dalla Sky sono due: il primo in ordine di tempo è il pugno di uno spettatore che ha centrato Richie Porte durante la scalata alla Pierre-Saint-Martin. Qualcosa sul lancio di pipì deve aver detto Gérard Holtz al presidente Hollande, che dopo aver stretto la mano al malconcio ma coraggioso Peraud con una frase di quelle che fanno tanto presidente francese («Voi non arriverete secondo a Parigi ma siete già al primo posto nel cuore dei francesi») s’è espresso, senza far nomi, sul clima che s’è venuto creando intorno a Froome: «Ormai diffidare di tutto e di tutti, non solo nello sport, è una moda e una brutta abitudine. Serve più rispetto e più fiducia. Il Tour è un’epopea sportiva ma anche umana: conta l’essere uniti, a il gioco di squadra, questo dico ai francesi ».
Dice anche qualcosa di importante per questa regione, che ha infinite bellezze naturali e vive d’agricoltura: allevamenti bovini, un esercito di pecore che forniscono il latte per il migliore (secondo me) formaggio francese: il Roquefort. In questi giorni molti striscioni ricordavano le difficoltà di allevatori, pastori e e agricoltori, spesso indebitati per far fronte alle direttive Ue: crollato il costo del latte, sceso quello della carne. «Già lunedì», ha detto Hollande, «convocherò allo stesso tavoli i rappresentati degli allevatori e quelli della grossa distribuzione, cui chiederò di mettersi una mano sul cuore ».
La tappa, contrassegnata da una fuga di 20 corridori, è terminata come quella del giorno prima: con una volata da polli. Sagan a Rodez, Pinot e Bardet a Mende. Tanto per non smentirsi, Sagan è entrato nella fuga e s’è difeso anche sullo strappo finale, arrivando quinto dopo il quarto secondo posto del Tour. Vista la buona volontà, oggi potrebbe essere la volta buona. A far la figura dei polli sono due galletti, non solo perché francesi ma perché, con Barguil, rappresentano le speranze, il futuro del ciclismo francese. Anche loro erano nella fuga.
Lancia l’attacco Bardet, Pinot lo raggiunge ma poco oltre l’ultimo km, quando si entra nell’aerodromo e la strada spiana, diventando una pista, arriva il terzo incomodo: Cummings, un inglese che viene dalla pista e corre per la squadra sudafricana. Ieri era il Mandela day e la Qhubeka lo onorava inserendo un po’ d’arancione nel casco. Cummings raggiunge i francesi e li passa a doppia velocità. Chi tappa il buco? Pinot esita, Bardet non si decide. Pur di non rischiare che vinca l’altro galletto, meglio Cummings. Che ringrazia e vince, prima vittoria di una squadra sudafricana al Tour.
Poi, la corsa nella corsa. Sulla perfida salitella scatta Quintana, Nibali gli va appresso ma non tiene. «Mi sentivo bene e ho dato retto all’istinto». Perde altro tempo ma guadagna una posizione in classifica. Controllando il finale di persona, senza gregari, Froome strappa 1” a Quintana, 4” a Valverde, 19” a Contador, 30” a Nibali, 40” a Van Garderen che perde il secondo posto a vantaggio di Quintana.
Sono bricioline, sicuro, ma è sempre il solito quello che le guadagna. «Sulle Alpi sarà un’altra corsa» aveva detto Quintana. Ieri l’ha detto anche Nibali. Intanto continua a fare caldo, troppo caldo, sopra la corsa e intorno alla corsa. Qualcuno finirà per scottarsi.
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