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Lorenzo Longhi per Avvenire
Da qui, a migliaia di chilometri di distanza geografica e calcistica, sembra che laggiù le stelle (e strisce) stiano a guardare. L' attivismo della Cina strabilia, visti i sontuosi investimenti e la bolla speculativa che interessa un movimento nel quale gli acquisti di Oscar e Witsel - campioni calamitati da ingaggi ultramilionari ma non al tramonto della carriera - e di un Tevez che incide sullo storytelling e in termini di immagine percepita, hanno rivoluzionato la geopolitica del calciomercato.
Il tutto mentre, nel soccer, i movimenti sinora hanno riguardato profili poco noti se non agli addetti ai lavori e, al netto degli addii annunciati di Gerrard, Drogba e Lampard, i nomi accostati alla Major League statunitense non scaldano più di tanto: Keisuke Honda, magari Giuseppe Rossi, se dovesse materializzarsi l' unico vero colpo. Tutto qui.
Le cifre raccontano che l' America del calcio è oggi in Cina, mentre la Mls, che pochi anni fa proiettava un divenire di magnifiche sorti e progressive, appare avviata verso un processo di marginalizzazione. Quando, nel 2013, il capo della lega Don Garber vaticinò la presenza della Mls fra i campionati più importanti del mondo entro il 2022, David Beckham aveva appena fatto ritorno in Europa dopo avere contribuito in maniera significativa ad aumentare il glamour della competizione, Thierry Henry segnava a valanga con la maglia del New York Red Bulls e Robbie Keane si confermava tra i migliori giocatori di un torneo in cui giocava anche Marco Di Vaio, allora bomber dei Montreal Impact (suo compagno di squadra era Alessandro Nesta) e oggi club manager del Bologna di Joey Saputo, peraltro numero uno della franchigia canadese.
Eppure da quel giorno, invece di accelerare, la Mls ha rallentato. Il tetto salariale, la mancanza di cultura calcistica e il tipico sistema a franchigie dello sport nordamericano, vengono considerati i principali motivi di questa tendenza negativa che non ha saputo reagire all' ingresso nel mercato di un competitor opulento e spinto da forti interessi politici, come la Cina: «La Mls ha messo in atto un percorso che tende alla sostenibilità spiega Di Vaio - e questo le consentirà di durare a lungo perché si fonda su basi solide e regole certe. Ma, sino a quando non verranno alzati gli stipendi medi dei giocatori, non potrà più essere competitiva nell' ingaggio di determinati giocatori».
Attualmente, per le squadre della Mls esiste un salary cap al quale ciascuna franchigia può derogare per tre calciatori a stagione, i cosiddetti "designated players": è il caso, ad esempio, dei circa 7 milioni di euro a stagione che finiscono nelle tasche di Kakà per deliziare la platea di Orlando e Sebastian Giovinco per quella di Toronto - denaro gestito dalla lega a livello centrale - che sono comunque lontanissimi da quelli offerti dai club cinesi. Senza contare, poi, che il grosso dei calciatori ha contratti le cui cifre valgono quelle medie della B italiana.
Inevitabile che l' aspetto tecnico ne risenta, e Di Vaio conferma la sensazione aggiungendo un dato: «Il salto di qualità sarà riuscire a portare in Mls sempre più tecnici europei e sudamericani che consentano di aumentare il livello e di formare adeguatamente gli allenatori locali, istruendoli sulle peculiarità tecniche e tattiche del calcio.
Negli Stati Uniti tutto ciò che concerne attività fisica e sport ha una particolarità: o non li si considera affatto, cioè non si è né praticanti né spettatori, oppure sono prassi quotidiana in entrambi gli aspetti.
Questo significa un pubblico educato allo sport in generale, ma non al calcio in particolare». Si spiegano così, a fronte di uno spettacolo tecnico mediocre, sia la folta affluenza negli stadi (21.692 spettatori medi nel 2016, in continua e pressoché costante ascesa da sette anni a questa parte) che il gradimento espresso nelle rilevazioni, ma anche la base di potenziali atleti garantita dalla sempre maggiore diffusione nelle scuole. Eppure, al di là di strutture invidiabili e possibilità di crescita esponenziali, siamo ancora alla potenza, non all' atto.
Visto dall' Europa, poi, un ruolo impattante nella mancata crescita dell' immagine del movimento è recitato dal tipico sistema Usa che, per permettere la continuità delle franchigie, non prevede promozioni né retrocessioni e, di fatto, rende insignificante gran parte della stagione, sino a quando non iniziano i play off e tutto cambia. Nell' analisi di chi guarda la Mls da lontano, tuttavia, si rischia l' equivoco che Di Vaio coglie immediatamente: «È solo una questione di prospettiva.
Un europeo fatica a cambiare la propria mentalità, ma nel pubblico e negli atleti statunitensi è la normalità. Anzi: in questo senso anche chi non ha obiettivi, non avendo nulla da perdere, se la gioca con tutti.
Di pareggi già scritti, in Mls non ce ne sono, di gare in cui si specula sul risultato nemmeno. E se è vero che non ci sono pressioni, è vero anche che proprio per questo tutti vogliono provare a vincere, non avendo timore di gettare con una sconfitta il lavoro di una intera stagione, sapendo che potrebbe portare ad una retrocessione costosa sia per i giocatori che per gli equilibri finanziari della società».
Un problema che, in effetti, la Mls non ha: «Come nella Nba del basket o nella Nhl dell' hockey, si ragiona come un organismo compatto. Tutti i club sono soci della lega, e ciò che è bene per la lega è bene per tutti: per quanto oggi non appaia così, da lontano, la Mls ha una strada segnata, e sta seguendo il percorso, passo dopo passo».
Che qualcosa si muova lo evidenzia anche la nuova stagione (la cui prima giornata si giocherà il 7 marzo) che vedrà l' organico aumentare di due franchigie, con gli ingressi di Minnesota United e Atlanta United, e proprio qui ecco l' asso: non in campo, ma in panchina, perché ad accompagnare Atlanta in Mls sarà El Tata, Gerardo Martino, già allenatore del Barcellona e ct dell' Argentina. A ben guardare, non è un dettaglio: se quella è la strada, il futuro passa anche da lui.
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