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Giancarlo Dotto per Dagospia
Nel giorno in cui l’immenso Alfredo Di Stefano non ha più cuore che basta, la sua Argentina sfanga una comoda semifinale senza doversi massacrare anima e tendini com’era successo con svizzeri, nigeriani, iraniani e bosniaci. Dopo Hummels e Thiago Silva, tocca a Gonzalo Higuain confermare il copione rovesciato. Niente più estenuanti testa a testa, equilibrio subito spezzato. Gol rapido della squadra dominante e squadra soccombente che rema in una storia senza luce, non trovando energie, risorse e soprattutto fiducia.
La storia è sempre la stessa. Quando si arriva al dunque, chi sa di cosa si tratta emerge, chi non sa muore. Ecco l’Argentina, dopo Brasile e Germania. Questa volta bastano un Messi appena brillante per un tempo e un Higuain finalmente degno del nome che porta. In quanto a Di Maria, sono un’apparizione degna, invece, del nome che porta. Si vede che questo mondiale deve espiare tanta bellezza fin qui esibita, tanta sfrontata hybris.
Dopo Neymar è Di Maria che se ne va claudicando, lui e le sue traiettorie, picassiane come la sua faccia. E’ la prosaccia del quotidiano che si vendica dello straordinario. La faccia da bambino triste di Rizzoli è la sola cosa che resta d’italiano in questo mondiale. Non si distingue per clamorose cazzate. Lo si dà per probabile arbitro della finale.
Una delusione il Belgio. Vive solo nell’ultimo quarto d’ora. Troppo poco. Una banda multietnica di ragazzi che danno del tu al pallone ma ancora del voi al calcio che conta. Fiamminghi, valloni, keniani, congolesi, marocchini. Non sono ancora una squadra. Quando lo saranno, già agli europei tra due anni, sfracelli garantiti.
E’ insopportabilmente mancato Eden Hazard, assai poco edenico, troppo al di sotto della sua virtù. E poi l’handicap di questo Marc Wilmots, che lasciando Mertens in panchina si conferma allenatore ottusoide, almeno quanto il Pekerman della sera prima, che zavorra la sua Colombia con due pesi morti come Guarin e Ibarbo.
Alejandro Sabella (leggendario il suo svenimento all’indietro, stile Jacques Tatì, inquadrato dalle telecamere), il suo dirimpettaio argentino, si è limitato, in quanto a danni, a far fuori Tevez prima dei mondiali. Per poi affidarsi all’intermittente genio di Messi. Che ha raggiunto Maradona nelle presenze in nazionale, ma mai lo raggiungerà nel carisma.
DOVE VA IL BRASILE SENZA L’INVERTEBRATO NEYMAR E SENZA THIAGO SILVA (SQUALIFICATO)?
MONDIALE IN BRASILE - INFORTUNIO A NEYMAR 7
L’elicottero che se li porta via, il fenomeno e la sua vertebra in fiamme. A Rio lo cureranno meglio. Brasile che si asciuga le lacrime, tanto per cambiare, e vuole Zuniga in galera, tanto per espiare. Qualcosa che somiglia a un lutto nazionale preventivo. Senza il suo Neymar, Scolari e i suoi dovranno cucirsi addosso la sindrome dell’arto fantasma.
Convincersi d’avere ancora il braccio forte, in questo caso il piede, anche dopo che gli è stato amputato. Non sarà per niente facile. Senza Neymar e senza Thiago Silva (squalificato), contro la quadratissima banda teutonica e il polipesco Neuer. I verdeoro sono andati avanti fin qui arrancando sciatici sulle centuplicate risorse di quattro uomini: Neymar, Thiago Silva, David Luiz e Julio Cesar, super nella lotteria contro il Cile.
MONDIALE IN BRASILE - INFORTUNIO A NEYMAR 6
I primi due fuori, toccherà a David Luiz la leadership. Lo vedremo, sicuro, in versione hard core, ancora più stereofonico e maniaco. Il guaio del Brasile è che, dietro quei superquattro, c’è la consistenza di un gatto anemico. Senza Neymar, dovrebbe essere uno come Oscar a infilarsi i coturni ma il ragazzo è talentuoso quanto fragile. Non sa giganteggiare quando la scena fa tremare i polsi.
Considerando la pochezza di Fred, fin qui tenuto in vita dall’incomprensibile passione di Scolari, toccherà all’energumeno alias Hulk colorarsi di verde più di quanto fin qui abbia fatto. Se l’enormità muscolare si sposerà per una volta a un briciolo di cervello. Insomma, saranno dolori. E sarà un Brasile attento a masticare calcio guardingo contro i bianchi di Low, sempre che il prevedibile Dante, al posto di Thiago Silva, sia nella luna giusta, che il ragazzo è bislacco alquanto.
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Consolazione non piccola per il Paese in lacrime. Il Brasile migliore si è visto fin qui contro la Colombia, il primo tempo, dove Neymar era già pallido e malconcio. Consolazione massiccia, invece, per quel furbacchione matricolato di Scolari. Senza Neymar (e Thiago Silva) la sorte gli ha apparecchiato un alibi d’oro in caso di disgrazia. Statene certi, ne farà un uso smodato.
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