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SCONTRO IN MARE APERTO - LA ‘SEA WATCH’ SALVA 53 MIGRANTI E IGNORA LE INDICAZIONI DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA DI RIPORTARLI A TRIPOLI - LA CORSA CONTRO IL TEMPO PRIMA CHE ENTRI IN VIGORE LA STRETTA DEL DECRETO SICUREZZA BIS – LA NAVE DELLA ONG TEDESCA PRIMA PUNTA VERSO LAMPEDUSA E POI VIRA VERSO MALTA MA NON E' CHIARO QUALE SIA IL PORTO VERSO CUI STA PUNTANDO...
(ANSA) Nuovo cambio di rotta per la Sea Watch 3 con a bordo 52 migranti salvati da un gommone in avaria. La nave della ong, giunta a poche miglia da Lampedusa, obiettivo dichiarato nonostante il divieto del Viminale, ha virato verso est in direzione di Malta. Lo si rileva dal sito Marinetraffic. Non è chiaro tuttavia verso quale porto stia puntando.(ANSA).
LA SEA WATCH PUNTA SU LAMPEDUSA
Alessandra Ziniti per “la Repubblica”
La "trappola" è scattata ieri mattina quando la Guardia costiera libica ha scritto alla Sea Watch indicando Tripoli come il porto sicuro in cui sbarcare i 53 migranti soccorsi mercoledì. Una beffa, una provocazione, ma soprattutto una mossa per precostituire le condizioni di illegalità del facilmente intuibile comportamento della Sea Watch che mai avrebbe riportato le persone salvate nell' inferno libico.
«Non sbarcheremo i naufraghi in Libia. Tripoli non è un porto sicuro». E la disobbedienza alle indicazioni delle autorità competenti è quel che basta, secondo le nuove norme del decreto sicurezza- bis, per multare e confiscare la nave se dovesse presentarsi in Italia. Eccola la trappola che avrebbe dovuto mettere fuorigioco definitamente la Sea Watch.
Solo che il decreto sicurezza bis non è legge. Non ancora. Approvato martedì dal Consiglio dei ministri il provvedimento non è neanche arrivato al Quirinale alla firma del presidente della Repubblica. Solo dopo la sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale sarà esecutivo.
Dunque, il guanto di sfida lanciato dalla Sea Watch con il suo ultimo soccorso in zona Sar libica e il rifiuto di obbedire alle indicazioni di Tripoli si gioca sul filo dei giorni, forse delle ore. La nave, che ieri sembrava muoversi verso le coste tunisine, nel primo pomeriggio ha virato verso nord, direzione Lampedusa. In serata parte una richiesta di porto sicuro all' Italia. Anche perchè le condizioni meteo sono in peggioramento.
Da Roma nessuna risposta, ma le intenzioni di Salvini sono evidenti: firma l' ennesima direttiva "ad navem". E, ritenendo ancora una volta «non inoffensivo» il passaggio della Sea Watch in acque italiane, ordina alle forze dell' ordine di procedere con la diffida e con l' intimazione del divieto di ingresso se la nave umanitaria nelle prossime ore dovesse presentarsi al limite delle acque territoriali italiane a 12 miglia da Lampedusa.
Una situazione che riproporrebbe esattamente quanto successo nei casi precedenti quando sia la Sea Watch che la Mare Jonio, forzando la mano, sono riuscite a sbarcare i migranti a Lampedusa, poste sotto sequestro probatorio e poi liberate dalla Procura di Agrigento a cui il nuovo decreto sicurezza bis toglierà la competenza sulle indagini passandola alla Dda di Palermo. Ma non ancora.
Insomma, il nuovo caso Sea Watch potrebbe non essere quello di scuola per il nuovo decreto sicurezza bis. Salvini, forte delle nuove norme, ha passato la giornata a twittare alternando toni minacciosi a improvvisi pensieri amorevoli nei confronti dei bambini a bordo della nave. «Se la nave illegale Ong disubbidirà, mettendo a rischio la vita degli immigrati, ne risponderà pienamente », «Inutili sofferenze per gli immigrati a bordo.
C' è preoccupazione per le persone tra cui alcuni bambini che potrebbero sbarcare al più presto ». E ancora: «L' atteggiamento della Sea Watch sembra un vero e proprio sequestro di persona per motivi politici. Polemizza col Viminale sulla pelle degli immigrati».
Dalla Sea Watch parla il comandante che taglia corto: «La nave batte bandiera olandese ed è obbligata ad aderire alle leggi olandesi ed internazionali riguardanti la ricerca e soccorso di persone in mare. Noi siamo obbligati a trasportare le persone soccorse in un posto sicuro. Un posto come la Libia dove le persone soccorse sono sotto una fondata minaccia di persecuzione o maltrattamento non può essere considerato un porto sicuro secondo la legge internazionale del mare.
Dunque non possiamo sbarcare le persone soccorse in un porto libico né ad un' altra nave diretta in Libia» Posizione sulla quale hanno il conforto dell' Onu. «La nostra posizione è chiara - dice Carlotta Sami, portavoce Unhcr - la Libia non è un porto sicuro e alla Sea Watch deve essere dato un porto sicuro diverso».
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