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1. CAVANI-SUAREZ: GEMELLI NON SOLO DEL GOL
Giulia Zonca per ‘La Stampa’
Chiuso l’allenamento che porta all’Italia, l’Uruguay si mette in posa. Luis Suarez ha i guanti da portiere ed Edinson Cavani guarda dall’altra parte, distratto. Assorto. Speriamo che sia la foto ricordo, che i due attaccanti non si incrocino, non si trovino, non si abbraccino perché altrimenti è finita.
Sono probabilmente la miglior coppia del Mondiale, uno corre più di 10 km a partita e riesce a restare tanto lucido da piazzare assist decisivi, l’altro tira da ogni angolo nel «mito di Batistuta, il mio punto di riferimento perché faceva gol, in tutti i modi». Cavani e Suarez, nati nella stessa città, Salto, a 21 giorni di differenza l’uno dall’altro, a 10 incroci di distanza e non è l’inizio di una grande amicizia ma di due grandi carriere.
Non si sono conosciuti da ragazzi, giocavano in squadre diverse e quando hanno iniziato a frequentare i campionati che avrebbero potuto farli incontrare la famiglia di Suarez si è trasferita a Montevideo. Contatto mancato. Ora la città di origine è troppo sbilanciata per considerarli tutti figli suoi. Cavani ci torna spesso, si fa vedere, partecipa alla vita del posto, foraggia la cultura locale. L’altro non ci è più tornato: non è un tipo sentimentale.
Ma l’idea che abbiano le stesse radici, in qualche modo, aumenta la paura. È un timore inconscio, come se esistesse la possibilità di un’intesa ancestrale, un super potere latente che può innescarsi all’improvviso. E i due non hanno esattamente bisogno di un’arma extra. Sono implacabili, parlano i numeri e le date: una costanza difficile da interrompere.
Solo per restare a questo complicato Mondiale, Cavani ha segnato il 1º gol dell’Uruguay in Brasile, un rigore che sembrava spalancare le porte della qualificazione e si è trasformato in nostalgia. L’ombra della felicità che poteva essere. Invece ha vinto la Costa Rica 3-1: la via diretta non è esattamente la preferita dall’Uruguay.
A loro piacciono i percorsi tortuosi e i salvatori della patria, santi ed eroi come Luis Suarez, uscito dalla convalescenza ed entrato nella mitologia Celeste con i 2 gol all’Inghilterra: «Avrei preferito essere al 100 % però sapere di non essere pronto mi ha spinto a trovare energie nascoste. Ho superato il limite e quando sono uscito ero morto. Ho cercato di recuperare il più possibile perché il rischio altrimenti è finire l’ossigeno prima del tempo. L’Italia è una squadra fortissima ma ha delle lacune in attacco».
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