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LA LUNGA MARCIA DI ALBERTO PERUZZO - A 84 ANNI L’EDITORE HA CONQUISTATO IL TITOLO ITALIANO SUI 3.000: “ORA GLI EUROPEI. LA MARCIA NON È UNO SPORT CHE AMO, LA MIA VERA PASSIONE E’ LA CORSA. HO CORSO 33 MARATONE, LA PRIMA A 62 ANNI. A 70 ANNI NE HO FATTE TRE IN UN MESE - HO CERCATO A LUNGO UNA DEFINIZIONE PER IL MARATONETA. POI L' HO TROVATA: “È UN UOMO PIÙ COMPLETO” - VIDEO
Riccardo Bruno per il “Corriere della Sera”
Ai Campionati Master di Ancona è arrivato come un amatore qualsiasi.
In treno. «No, niente elicottero. Quello lo prendo per andare nella mia villa in Costa Azzurra». Alberto Peruzzo, 85 anni a maggio, editore dalle mille imprese, inventore di riviste e libri a dispense, pioniere delle tv commerciali, alle gare indoor valide per il titolo nazionale non si è presentato da spettatore ma da atleta. E nella marcia 3.000 metri si è lasciato dietro tutti gli avversari della sua categoria. Tempo finale: 25 minuti, 10 secondi, 38 centesimi.
Il successo nello sport gli regala una felicità da ragazzino: «Adesso mi preparerò per gli Europei di Venezia. I russi sono forti, ma proverò a salire almeno sul podio».
Gli piace giocare con le parole, si autodefinisce «editore marciatore». Ma la sua vera passione atletica è la corsa.
«La marcia non è uno sport che amo, devi sottoporti ai giudici che possono squalificarti in qualunque momento». Ha dovuto ripiegare sulla disciplina dove i piedi non devono mai staccarsi da terra dopo alcuni guai di salute.
«Una cisti al pancreas. Il medico voleva operarmi, io non gli ho dato retta altrimenti sarei già morto». I chirurghi, insieme appunto con giudici, politici e giornalisti («È la prima intervista che faccio»), rappresentano per lui «le 4 caste peggiori» (la definizione usata in realtà era un' altra, irriferibile). Ha attraversato cinquant' anni di storia d' Italia conoscendo molti protagonisti e i loro segreti inconfessabili. È sprezzante, abrasivo nei giudizi. «Mi piace parlare pane al pane. Ma per carità, non faccio nomi».
Lo sport è la sua oasi di serenità. «Ho corso 33 maratone, la prima a 62 anni. Un mio collaboratore era tornato da una gara, decisi di provarci anch' io. A 70 anni ne ho fatte tre in un mese: New York, Montecarlo e Milano». L' impresa è stata celebrata da Filippo Panseca con un' opera che tiene alle spalle nel suo ufficio a Milano. Accanto c' è appeso un paio di guantoni.
«Non ho mai fatto boxe. Su uno c' è scritto Mtv, sull' altro Rete A. È un ricordo di quando lottavo con lo Stato che non mi dava le concessioni».
Ha iniziato con i libri per bambini, poi le riviste illustrate per la casa, ma anche i nudi di Penthouse , le enciclopedie a fascicoli e Milano Tv .
«Siamo stati i primi a programmare i film e il telegiornale. Il mio problema è stato avere buone idee troppo in anticipo». Gli piace primeggiare, anche nello sport: «È bello vincere, anche se il mio coach mi dice che partecipare è già un successo».
Sul polso sinistro indossa l' orologio, su quello destro un cardiofrequenzimetro . «Tengo sempre sotto controllo il battito». Sulla scrivania il diario degli allenamenti («Annoto tutto: uscite, tempi, chilometri») e un taccuino dove appunta gli aforismi che gli passano per la mente. «Ho cercato a lungo una definizione per il maratoneta. Atletico no, intelligente neppure. Poi l' ho trovata: è un uomo più completo». Abituato al lusso (ammette: «Non mi faccio mancare niente»), elicottero privato, residenza a Montecarlo («Abbiamo il più bel giardino di Cap Martin»), si trova sorprendentemente a suo agio tra i «tapascioni» dell' atletica. «Quello è il mondo vero. Umile e sincero. Ho anche fatto il cammino di Santiago, non per fede, ma per ritrovare questo stesso spirito». E come un amatore qualsiasi si esalta per i dettagli. «Miami è la maratona più bella, alla fine danno una medaglia fantastica».
Si allena tutti i giorni, in genere appena fuori dalla casa editrice: «C' è una pedonale di 500 metri, vado avanti e indietro. Ma il terreno non è dei migliori». Gli piace fare le cose per bene. «Per le maratone mi sono fatto fare i programmi da Pizzolato». Resta pur sempre un editore e aggiunge: «Adesso potrei scrivere io un libro su come ci si allena».
Per la marcia ha dovuto prendere lezioni di tecnica: «Bisogna saper buttare bene i piedi e tenere la testa alta. Non è facile, l' anno scorso mentre mi allenavo a San Siro ho preso un tombino che si era sollevato, ancora ne pago le conseguenza». Ma non molla e continua a guardare avanti: «Già mi sto programmando per i 90 anni. Cosa farò? Ancora non lo so, penso più corsa che marcia».
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