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LO STATO DELL'ARTE - A MAASTRICHT APRE OGGI IL TEFAF, LA PIÙ GRANDE FIERA COMMERCIALE D'ARTE DEL MONDO. 275 GALLERIE DA 20 PAESI. GRANDE INTERESSE PER L'ARTE ITALIANA, MA SUL MERCATO GLOBALE L'EUROPA PERDE TERRENO

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Foto da www.artslife.it

 

Pierluigi Panza per il ''Corriere della Sera''

 

TEFAF 2016TEFAF 2016

A Maastricht, città d’origine romana e luogo del Trattato sull’Unione europea, dall’11 al 20 marzo si terrà la più importante rassegna commerciale d’arte del mondo. Il Tefaf nacque ufficialmente nel 1996 da una precedente Biennale di pittura avviata nel 1975 e da allora, di anno in anno, è diventato il grande mercato degli art dealer. Quest’anno si annunciano 275 gallerie, provenienti da più di venti Paesi, che si portano appresso oggetti di tutti i tempi da vendere.

 

Il Tefaf è un buon indicatore dello stato dell’arte e di questa edizione, tra i molti possibili, si possono evidenziare due aspetti di segno opposto. Il primo è un grande interesse per l’arte italiana, ovvero quella realizzata nel nostro Paese o ad esso ispirata. Ciò non è scontato in quanto qui, a due passi dal cuore da quella che fu la capitale del Sacro Romano Impero (Aquisgrana), il mondo dell’arte guarda con più affetto al nord protestante che alla latinità.

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Il secondo aspetto, che la dice lunga sulla marginalità in cui sta precipitando l’Europa pure in un settore come questo, è l’annuncio del Tefaf di lanciare due nuove fiere annuali a New York, al Park Avenue Armory nell’autunno 2016 e nella primavera 2017, attraverso unajoint venture con l’advisory Artvest. Ciò segna l’ulteriore passaggio dell’arte da attività estetica con finalità espressive ed educative a strumento finanziario che si scambia come un future o si tratta come un hedge fund.

 

Lo aveva preconizzato Mark C. Taylor in Financialization of Art: «Mentre nelle precedenti forme di capitalismo (agricoltura, beni industriali e di consumo) la gente scambiava soldi con beni materiali o lavoro, nel capitalismo finanziario si crea ricchezza attraverso la circolazione di segni. E così anche l’arte è diventata un gioco di segni senza referenza». Partiamo dal primo punto, l’elevato numero di opere di provenienza italiana.

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«È dal 1998 che vengo al Tefaf, che nasce con una vocazione fiammingo-olandese e negli anni ha assunto una dimensione internazionale», racconta la gallerista Alessandra Di Castro. «L’Italia è cresciuta sia grazie alla presenza di nuovi mercanti sia con un numero di opere italiane sempre maggiore. Quest’anno risalta agli occhi degli esperti quanto anche gli stranieri abbiano scelto di portare in mostra oggetti d’arte italiana».

 

Se la Di Castro espone un gruppo di sette sculture inedite a patina bruna e bronzo dorato fuse a Roma per una famiglia principesca negli anni della Restaurazione da Benjamin Ludwig Jollage e Wilhelm Hopfgarten, Carlo Orsi di Milano porta una testa napoletana modellata in cera nel XVIII secolo forse raffigurante un San Giovanni Battista.

 

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Puntano sul vedutismo sia la Galleria Francesca Antonacci-Damiano Lapiccirella, con paesaggi di Jakob Philipp Hackert, pittore di corte di Ferdinando IV Borbone, sia la Robilant di Verona, con le vedute di Gaspar Van Wittel, padre dell’architetto Vanvitelli. Ci sono anche i maestri del Novecento come Fontana, dalla Galleria Cardi, Burri, dalla Tornabuoni, e Balla, ancora dalla Antonacci–Lapiccirella.

 

In tutto, il drappello italiano (sempre alle prese con la necessità di rinnovate regole sull’Iva e sulla vendita all’estero) è composto da una ventina di galleristi, ma decine sono gli stranieri che espongono pezzi italiani. L’opera più pregiata, tuttavia, dovrebbe risultare un Libro d’ore dei fratelli Limbourg, tra i più noti miniaturisti del Rinascimento, già autori del celebre Libro d’ore del Duca di Berry.

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Veniamo al secondo aspetto, l’irrilevanza europea nello scambio dell’arte, specie dopo la crisi finanziaria iniziata nel 2008 in America. Con i più ricchi investitori già in Usa, Cina, Russia ed Emirati — come la sceicca Mayassa Al Thani sorella del proprietario dell club calcistico del Paris Saint Germain — anche il Tefaf ha deciso di salpare verso le Terre d’oltremare, aggiungendo a Maastricht due appuntamenti negli Usa.

 

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«Il primo Tefaf a New York sarà nel mese di ottobre e si concentrerà sull’arte dall’antichità al XX secolo; il secondo, quello del maggio 2017, sull’arte e il design moderno e contemporaneo», ha dichiarato l’amministratore delegato di Tefaf, Patrick van Maris, e «i nostri espositori hanno espresso in numerose occasioni la necessità e il desiderio di una piattaforma negli Stati Uniti, come hanno fatto molti collezionisti privati e istituzionali».

 

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Non solo l’industria, ma persino l’arte se ne va, prima in America, poi, forse, negli Emirati, come del resto stanno facendo i musei, Louvre in testa. È la legge del capitalismo, i Paesi ricchi possono comprare ma questo non assicura che diventeranno dei creatori d’arte. «Può sorgere — si chiedeva tempo fa Susan Moore sul “Financial Times” — una creatività regionale ad Abu Dhabi oppure a Hong Kong, dove non esiste l’educazione artistica nelle scuole?».

 

Al Tefaf la parte espositiva è delegata a una mostra di artisti contemporanei curata dall’ «indipendente» (come piace nel settore) Mark Kremer. È intitolata Show Your Wound e si riferisce al lavoro presentato da Joseph Beuys a Monaco nel 1976 dal titolo Zeige Deine Wunde (Mostra la tua ferita).

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Quest’opera era una stanza con cinque coppie di oggetti: due barelle per cadaveri, due lastre di vetro rivestite con grasso, due scatole di zinco con un termometro e una provetta contenente un cranio di uccello, due forcelle in ferro battuto e, infine, due copie del giornale «Lotta Continua». In questa mostra, il londinese John Murphy (1945), della galleria (ovviamente indipendente) Nadja Vilenne esporrà Cadere. Waste and Cadavers All del 2015, dove pure dei poveri italianissimi pulcinella diventano una specie di stupratori.