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Mario Sconcerti per il “Corriere della Sera”
Perché le squadre italiane non vincono più niente da dieci anni? Perché guardiamo gli altri e ci sembrano diversi? Perché nella nostra mente la Juve, la Roma, il Napoli, l'Atalanta sono migliori mentre poi vengono regolarmente battuti? Perché l'Italia non è andata ai Mondiali in Russia? Certe cose sono come i grandi amori, fanno un giro grande poi ritornano. È sceso di un gradino il calcio italiano nel suo insieme. È sceso soprattutto il livello del campionato. Perché? Nella vita, se seguite i soldi non sbagliate mai molto.
E' difficile avere un grande calcio in un Paese in crisi. Ogni singolo giocatore costa ormai quanto una buona azienda media, ma è difficile renda qualcosa. Un Paese povero paga molto più degli altri questa differenza. Infatti ci siamo riempiti di presidenti stranieri che hanno preso le nostre società senza per ora portarci i vecchi risultati. Ma c'è anche una vera crisi tecnica. Non siamo veloci come gli altri, nei controlli, nella corsa, nei duelli. Nel calcio del pressing la tecnica è fondamentale perché dal pressing esci solo tenendo bene la palla. Altrimenti ti stendono. L'Italia del dopo Lippi non ha più una vera idea di gioco.
È stato messo in crisi il nostro calcio di base (contropiede) come fosse un peccato costringendo tutti a giocare con il possesso palla di Guardiola. Nel frattempo Guardiola e il calcio sono andati avanti e sono tornati a un gioco discretamente verticale, quasi soltanto di velocità e qualità. Hanno pesato sempre più le mescolanze etniche, l'oro nuovo sono gli africani che vanno da chi è più ricco e nei campionati vicini ai loro Paesi di origine, Francia e Inghilterra. Noi non siamo niente di tutto questo e ci siamo arresi.
È venuta meno anche la nostra ultima differenza, l'intelligenza tattica. Non abbiamo più avuto chi è stato in grado di insegnarci qualcosa di diverso. Non ce ne siamo accorti, ma generazioni di maestri sono scomparse a favore di ottimi allenatori indefiniti. Hanno lasciato tecnici come Lippi, Trapattoni, Prandelli, Ancelotti, Capello, Eriksson, Mazzone, Zeman, Ulivieri, lo stesso Ranieri per anni all'estero, gli stessi Conte, Sarri ed Allegri, che ormai non possono più insegnare calcio perché devono vincere. Siamo un calcio senza campioni, cioè senza allievi, ma soprattutto siamo un calcio senza più maestri. Avete presente la nostra serie A, tutta compresa, tecnici buoni e tecnici sostituiti?
Nessuno di questi ha mai vinto un torneo internazionale. L'unico, Maurizio Sarri, l'abbiamo cacciato una settimana dopo aver vinto il campionato. Non solo, ma nessuno degli allenatori attuali ha mai vinto uno scudetto. Tranne Conte che è diventato un'altra cosa. La scienza tecnica arriva ormai solo dalla Coppa Italia, un torneo di appena tre partite. Siamo ormai una seconda categoria europea documentata.
Da una decina di anni la vera crisi italiana è nelle idee di calcio e in chi deve produrle. Non abbiamo più insegnanti all'altezza e manca una vecchia scuola che li sappia costruire. Rappresentiamo il fallimento stesso di Coverciano, ormai da rivedere nella durata dei suoi corsi, nella democrazia delle iscrizioni e nella profondità dei testi. E soprattutto nella rigidità delle sue associazioni corporative.
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