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Massimo Calandri per la Repubblica
Emilio Alzamora, manager di Marquez, si è lasciato scappare una frase con un amico: «Forse questo mondiale lo ha più perso Valentino, che vinto Marc». Quattro “zeri” in altrettante gare hanno condannato Rossi, che in Giappone ha ripetuto il suo mantra — «Non è finita fino a quando non è finita» — un attimo prima di affondare nella ghiaia oltre il cordolo, dopo 7 giri.
Un’altra caduta, quello di Lorenzo, ha definitivamente consegnato il mondiale al fuoriclasse catalano. Che a soli 23 anni ha vinto il suo quinto titolo, terzo nella classe regina. Lo ha fatto con anticipo quasi imbarazzante — mancano 3 gare alla fine — e da straordinario trasformista: aggressivo e prudente, prepotente e saggio.
Cannibale e Ragioniere.«Lo scorso anno avevo pagato caro la mia voglia di rischiare. Ho deciso di farlo ancora, è la mia natura. Ma solo durante le prove», ha spiegato il fenomeno di Cervera. Semplice, no? Ha accumulato lo stesso numero di cadute del 2015, però mai di domenica.
«Perché facevo attenzione nei punti più pericolosi». A differenza del pesarese, è sempre arrivato al traguardo. E ha vinto 5 gran premi, come i suoi rivali messi insieme, ribaltando tutto: «Questa volta sono stato io a mettere pressione a loro». Mai come ieri. Il Doc partiva dalla pole ed era convinto di potersela giocare. A Motegi, e chissà: forse anche fino all’ultimo.
Invece ha ragione Alzamora? «La verità è che ho iniziato la preparazione in ritardo», confessa Vale. E spiega: «In inverno non sono riuscito a togliermi di dosso la delusione per come era andata a finire a Valencia». Il Biscotto, che ossessione. «Ho fatto come quelle squadre di calcio che iniziano il campionato non al meglio, ed entrano in forma poco alla volta».
Sì, però ci sono pure gli errori: se la caduta di Austin ci poteva stare, quella di Assen è stata imperdonabile. «E metteteci anche la sfortuna del Mugello: mi si è rotto il motore e Marquez in pratica mi ha preso 30 punti». Addio un’altra volta al decimo titolo. «Doveva andare diversamente.
Ero molto più veloce che in passato. Anche se da quest’estate la Yamaha non ha più fatto progressi, mentre quelli della Honda hanno risolto i problemi e continuano a crescere». Un buon motivo per riprovarci subito. «Ci sono tre belle gare, e mi devo giocare il secondo posto in classifica con Jorge. Ma cominciamo anche a lavorare per la prossima stagione ».
Inutile tirarlo dentro l’ennesima polemica con Marc, che dice di averlo visto guidare «strano, forse era nervoso». Il pesarese ridacchia piccato («Quello è anche un campione come psicologo, si vede che riesce a leggere il pensiero attraverso la visiera del casco»), poi ammette che sì, il catalano se lo merita: «È stato molto veloce. E il più regolare».
Il vincitore non sapeva, giura che non se lo aspettava: ma il fratello Alex e un amico gli avevano già preparato le magliette commemorative. Con sopra disegnata una mano e la scritta Give me five, dammi 5, come i titoli vinti: Marquez festeggia col sorriso di sempre. Dice che in griglia, un attimo prima del via, il capotecnico Santi Hernandez lo scongiurava di non dare battaglia. Di non rischiare. «Ho obbedito. Ma ora basta con la prudenza: nelle prossime tre gare torna il vecchio Marquez ». Il Cannibale.
ROSSI MARQUEZ
MARQUEZ ROSSI
MARQUEZ ROSSI
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