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Alessandra Mammì per “www. http://mammi.blogautore.espresso.repubblica.it/”
Non era cosa nota ai più, ma pochi mesi fa la città di Cosenza è insorta contro Flavio Favelli. Artista solitario e complesso, affascinante e mai banale, Favelli a Cosenza era giunto grazie a una di quelle residenze che vengono offerte agli artisti per lavorare e respirare l’aria dei luoghi ed arrivato proprio nei giorni in cui la città vestiva a lutto per la morte di Gigi Marulla, calciatore mitico dell’A.S Cosenza, maglia numero 9, praticamente un eroe.
FAVELLI E LUCAMALEONTE COSENZA MARULLA
Fu il sindaco in persona ad annunciare che l’artista di fama internazionale Flavio Favelli avrebbe reso omaggio al tanto illustre cittadino. Per questo il giorno del funerale tifosi ultrà e paciosi cosentini gli si strinsero intorno a ringraziarlo. Favelli ricevette strette di mano, virili abbracci e una maglia con impresso il numero 9.
Dopo molto ragionare si decise a proporre il più popolare dei mezzi artistici: un murale, un’ opera di street art, un dipinto sotto gli occhi di tutti. Lo svelamento fu alla presenza del sindaco, assessori e Marulla fan clubs. A tutti cadde la mascella.
Favelli aveva dipinto i contorni di una figurina Panini, ma di Gigi Marulla non c’era traccia.
Un fondo blu come il cielo o il manto della Madonna, il simbolo della squadra, e campi gialli vuoti dove negli album dell’infanzia era normalmente stampato il nome del calciatore del cuore. Non qui. Qui campeggiava simbolica l’assenza.
Non era forse una delle migliori opere di questo artista, ammettiamolo. Lui che riesce a scomporre e ricomporre le quiete abitudini borghesi del Novecento attraverso mobili e oggetti spezzati e rincollati con armonica casualità. Lui che ha evocato monumenti a Ustica che monumenti non sono, ma son brandelli di ricordi e emozioni congelati nella forma di un aereo ritagliato su una piazza.
Lui che sa regalarci un memoriale con i nomi dei nostri soldati caduti nelle missioni di pace e lo intitola “Gli angeli degli eroi”, lui insomma che ragiona poeticamente sul mondo... aveva anche scavato nella memoria d’infanzia e trasformato il ricordo della figurina in lapide. Gesto simbolico che per quanto firmato dal “noto internazionalmente (parole del sindaco) Favelli” non fu capito proprio a partire dal primo cittadino.
Gli altri cittadini poi per protesta e col benestare del curatore Alberto Dambruoso e la benedizione dello stesso Favelli presero pennelli e vernice e scrissero subito il nome Marulla con brutti caratteri e neri stencil, cancellando così qualsiasi potere evocativo all’immagine.
Ora davvero l’incomprensione era salita ai massimi livelli. Marulla dove? Marulla chi? Il vuoto se prima era assenza ora diventava omissione. E quel Marulla senza Marulla dava ancora più sui nervi all’animo calcistico di Cosenza. Il sindaco poi a un passo dalle elezioni era il più innervosito di tutti. Bisognava correre ai ripari. E poiché Favelli (giustamente) si rifiuta di completare il santino in pieno agosto viene individuato un salvatore della patria nello street artist Lucamaleonte passato alla gloria per un ritratto di Totti in quel di Roma, quartiere Appio Latino.
In un paio di giorni l’agile street artist completa l’opera con un ritratto di Marulla, visto di schiena, maglia a righe d’ordinanza e monumentale 9 incastonato al centro del muro. Peggiora decisamente la situazione e anche il suo ruolo dal momento che un vero artista difficilmente accetta di fare l’aggiustatore dell’opera di un altro. Però Cosenza esulta. Ora sì che si capisce: ecco l’ascensione di Marulla che esce dalla figurina per giocare nei campi celesti!
Favelli è sconcertato. Scrive una lunga lettera ad “Artribune” in cui racconta la sua versione della vicenda. Spiega l’idea dell’opera, Per me Marulla significa immagini e ricordi di un calcio minore, il fascino di un calcio della provincia meridionale sui campi con poca erba in area, nei servizi sbiaditi di Novantesimo Minuto, che mostravano, oltre alle partite, vedute di luoghi.
Dichiara che avrebbe preferito una cancellazione un gesto di rabbia sul muro a questa “Soluzione letterale, puramente illustrativa, scontata. Quello che appare ora, un’opera “corretta” insieme a una pittura folcloristica, non è altro che un’immagine partorita da un contesto di subcultura”. Chiude dichiarando che Questo scritto non è né una lettera né un testo, ma un’opera d’arte”.
Bel testo: leggete e poi riflettete sull’uso demagogico di una street art nata come spontanea ribellione e finita a compiacere il potere, l’elezione di un sindaco, il consenso di un club calcistico. O tempora…. e mentre la querelle cresce e assume addirittura la forma di dibattito al museo Macro di Roma sul tema "che cos'è l'arte pubblica" non resta che salvare il soldato Favelli e difendere quella che non sarà stata la sua migliore opera ma almeno aveva la dignità di un'opera.
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