“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Gianni Clerici per “la Repubblica”
Con la netta vittoria sulla Sharapova, Serena Williams ha il 99% di probabilità di conquistare in finale, con la novità Muguruza, il suo sesto Wimbledon, e di avvicinarsi ancor più al Grand Slam, prodezza sin qui riuscita soltanto alla Smith, alla Connolly, alla Graf.
Le semifinali di oggi sono riuscite ad interessare il vecchio scriba soprattutto per questo futura proiezione storica, mentre ho qualche dubbio sulla “immeritata” fortuna di aver ottenuto un posto in tribuna, come mi ha informato un appassionato milanese, che aveva appena sborsato quattrocento sterline per un numerato.
Nonostante il mio ribadito Femminismo, sono costretto a dire che il tennis delle donne, dopo il ritiro di quel genio della Henin, di Minerva Hingis, e perché no, della Mauresmo decomplessata, mi appare sempre più la ripetizione di una ripetizione. Causa il concorso di colpa di coach privi di cultura, le ventenni esibiscono la stessa tecnica, quasi un gruppo di ballerine attraenti ma tutte eguali, tanto da farmi equivocare, una sera, su un appuntamento.
Oggi la prima finale è stata vinta da una delle nuove atletesse, indirizzate fin dalla culla alla musculazione, alla violenta battuta, al diritto liftato, alla sostituzione della volèe con quel che ho battezzato schiaffo, e con rovesci bimani che sembrano prodotti nella Silicon Valley.
La vittoriosa rappresentante odierna della categoria si chiama Garbine Muguruza, è dotata di simili qualità ripetitive, ed ha, in più, l’insolita caratteristica di essere una spagnola ritornata dall’America, più precisamente dal Venezuela, per una scelta che un mio collega catalano ritiene economica ancor prima che patriottica.
Come gli ultimi rappresentanti maschili del gioco divengono sempre più simili nelle caratteristiche ai cestisti, la ventiduenne Garbine ricorda un esordio a 3 anni, supera il metro e ottanta e i 75 chili, arrota diritto e rovescio, va pochino a rete, e si astiene da qualsiasi ispirazione.
Sia chiaro che lo Scriba non può non stimarla per il suo arrivo in finale partendo dal n.20 assegnatole da alcuni increduli, reso possibile da 6 match sempre ben condotti, con due soli set perduti prima del terzo, di oggi, contro la Radwanska, non proprio l’ultima arrivata, se si guarda ai suoi 7 quarti di finale, alle 2 semi in tornei Slam, e soprattutto alla finale perduta con Serena due anni fa. Nata polacca a Cracovia, credente sino ad inventarsi un rovescio genuflesso, Agnieszka era favorita anche dai bookmakers, ma la ragazzona le è stata tanto superiore da regalarle in pratica un set causa l’emozione per circostanze che doveva aver soltanto sognate.
L’altra semi, quella di Serena attualmente imbattibile, se in salute e felice per la non insolita situazione che fa del coach un partner sentimentale, è stata più di una ripetizione dei 17 match vinti contro Sharapova.
Un amico dotato di memoria mi ha spinto a ritrovare sul computer il mio scritto del secondo match tra le due, quello del 2004 in cui Maria aveva stregato tutti, superando in velocità e angolazione Serena.
Sono passati 11 anni, la spalla destra di Maria è stata ricostruita, e parte della sua attenzione si è distolta dal tennis causa amori e attività commerciali legate alla sua immagine. Serena ha sviluppato non solo una battuta che l’ha condotta a un record di circa 70 aces nel torneo ma addirittura a chiudere il match con un poker, fenomeno forse mai avvenuto nel tennis femminile.
È stata, la partita, simile ad una esibizione agonistica, senza che mai fosse in dubbio il risultato. Val solo ricordare che il cammino non è privo di ¾ di Slam. Tra le donne sono 3, Hingis per una caduta da cavallo, Seles per una pugnalata e Navratilova, addirittura due volte, causa la sua amica Evert.
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