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“NESSUNO QUI È IMPRESCINDIBILE” – FILIPPO VOLANDRI, IL CT LIVORNESE DELL’ITALTENNIS CHE HA VINTO TRE VOLTE DI FILA LA COPPA DAVIS, SPIEGA I SEGRETI DEL SUCCESSO ARRIVATO SENZA SINNER E MUSETTI: “NON SI PARLA DEGLI ASSENTI: È INUTILE. NELLA NOSTRA SQUADRA NON CI SONO LEADER NÉ PRIMEDONNE. DAVANTI A TUTTO C'È IL PROGETTO. IL LAVORO. CIASCUNO HA UN RUOLO E SI METTE A DISPOSIZIONE. PRIMA, PER VINCERE LA DAVIS BASTAVA UN FUORICLASSE, POI SIAMO ARRIVATI NOI...” (I FUORICLASSE MEGLIO AVERLI SEMPRE ANCHE PERCHE’ SE LA SPAGNA AVESSE SCHIERATO ALCARAZ…)

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Massimo Calandri per “la Repubblica” - Estratti

 

Filippo Volandri

Livornese, 44 anni, per 4 stagioni miglior tennista italiano. Nel 2007, superò al Foro Italico in due set un certo Roger Federer.

 

Salì al numero 25 del ranking. L'altra sera a Bologna, Filippo Volandri ha vinto per la terza volta la Coppa Davis da direttore tecnico della Nazionale, capitano non giocatore. Come lui, in azzurro, solo Julio Velasco: 3 Mondiali, tra maschi e ragazze.

 

 

E la festa coi ragazzi a Bologna?

«Fino a mezzanotte, tutto tranquillo. Poi me ne sono andato a dormire, ero sfinito».

 

 

 

Come si vince senza Sinner e Musetti?

«Non parlando degli assenti: è inutile. Nella nostra squadra non ci sono leader né primedonne. Capisco possa sorprendere qualcuno, però davanti a tutto c'è il progetto. Il lavoro. Ciascuno ha un ruolo e si mette a disposizione, senza badare alla classifica Atp».

 

 

 

Sì, ma Darderi è il 26 del mondo, eppure è rimasto fuori.

«Darderi va anche lui ringraziato, perché protagonista attivo di questo successo. Che è il successo del sistema Italia: conosco questi ragazzi come fossero anche loro miei figli, li seguo da 10 anni e li ho visti crescere. I loro tecnici, le squadre di ognuno, lavorano anche con gli allenatori della Federazione. Siamo in contatto ogni giorno. Abbiamo creato un senso comune di appartenenza».

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Qualcosa di unico, nel mondo dello sport e soprattutto di una disciplina individuale come il tennis.

«Gli altri ci invidiano: in questi giorni gli spagnoli guardavano al nostro staff, ai preparatori mentali, tecnici, fisici. Ci hanno riempito di complimenti sinceri. Credo si siano sentiti un po' soli, al nostro confronto. Ha ragione il presidente Binaghi: prima, per vincere la Davis bastava un fuoriclasse, poi siamo arrivati noi che possiamo schierare indifferentemente 8-10 giocatori».

 

Però poi ci vuole qualcuno che a un certo punto faccia delle scelte.

«Posso dire di essere stato coraggioso: in alcune occasioni avrei potuto fare la scelta più semplice, quella che avrebbe tutelato la mia posizione. Ma c'era da rispettare il progetto, il sistema».

berrettini volandri

(…)

Non deve essere così facile come lo racconta.

«Diciamo che cerco di cucire addosso a ognuno di loro un vestito diverso. Il vestito che è più utile alla squadra, ma che va bene anche a chi lo indossa».

 

Berrettini è un uomo-squadra imprescindibile.

«No, mettetevelo in testa: nessuno qui è imprescindibile. Neppure lui. Ed è il motivo per cui alla fine tutti danno il 100%. Però è vero che Matteo è nato per giocare la Davis; dà tutto, sempre, e riceve altrettanto».

 

 

Stefano, il padre di Flavio Cobolli, a un certo punto pensava che suo figlio non ce l'avrebbe fatta a vincere il match. Ha dubitato anche lei?

«Mai. Sul 6-1 e 1-0 per Munar, avevo visto che non c'era grande differenza tra i due. Bisognava solo dare una spallata».

 

Un aggettivo per ognuno dei moschettieri.

«Andiamo per ordine alfabetico. Bolelli è riflessivo. Berrettini è coraggioso. Cobolli, indomito. Sonego ironico, Vavassori energico».

flavio cobolli matteo berrettini e filippo volandri

 

E Volandri?

«Volandri tra qualche giorno torna a lavorare: abbiamo in programma diverse call, poi ai primi di dicembre si lavora sul campo. È un mese cruciale per la preparazione dei ragazzi in vista del 2026. E noi vogliamo esserci, dare una mano a tutti perché è anche nel nostro interesse».

 

 

In questa Federtennis "sinneriana", dove dopo ogni vittoria si parla subito di lavoro e sacrificio per migliorare, qual è la prossima sfida azzurra?

«Mi piacerebbe vincere un'altra Davis, e in condizioni ancora più difficili. Vogliamo produrre altri giocatori che possano presto esordire. E poi siamo giovani: ci divertiremo ancora a lungo».

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